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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-9]

Da Vik a Bryggja, passando per il ghiacciaio più grande d’Europa e dalla spiaggia bianca che sembra caraibica. Il nostro viaggio in Norvegia con la BMW F800GS è a metà.

Sarà il vociante peregrinare nell’aria dei gabbiani in arrivo dal vicino Sognefjorden, piuttosto che il suono cupo della vicina Botnefossen, ma di certo non è il sole (il cielo è grigio topo sporco e bagnato), a farmi svegliare presto, almeno per i canoni di una vacanza (sono le sette).

Meno male però, in quanto di lì a poco, il solerte gestore del Dampen B&B (72 € a notte per una doppia), busserà alla porta con un mega-vassoio per la colazione, rigorosamente gluten-free, pane compreso, per la gioia di Alessandra.

Va bene a me e male a lei, in quanto si tratta di cibo in larga parte salato, ma è l’ennesima dimostrazione della cultura e sensibilità nordeuropea per le intolleranze alimentari, che non sono scelte/mode come l’essere vegan.

La giornata di oggi rappresenta l’ultima del girone di andata di questo viaggio, che finora ha dato molto, ma dal quale si attende ancora di più, visto che la salita verso nord non è ancora terminata. L’iniziale piano di arrivare a Trondheim per poi iniziare il ritorno verso l’Italia, è cambiato. Il nuovo obiettivo è raggiungere il Circolo Polare Artico, quella linea immaginaria situata a 66°33’39” di latitudine Nord, oltre la quale si verifica il fenomeno del sole di mezzanotte.

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Consumata la colazione ed i consueti rituali di manutenzione e carico della moto, ci mettiamo in viaggio. In una dozzina di chilometri di Statale 13 raggiungiamo Vangsnes, da dove un traghetto ci trasporta a Balestrand. E’ l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con un motociclista tedesco sulla cinquantina, che viaggia con la compagna.

Provenienti dal lago di Costanza, i due andranno fino a Nordkapp, per poi fare rotta verso casa passando per Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Ceca, oltre che, ovviamente, Germania, un gran bel giro. Mi racconta che ha una sorella che abita in Toscana e che, quando va a trovarla, sistematicamente viene omaggiato da almeno una costosa fotografia dalle forze dell’ordine italiane (leggi Autovelox, Velo-ok ecc).

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Il biker teutonico ne ha però anche per le autobahn, secondo lui troppo tormentate da innumerevoli cantieri, e per i tedeschi stessi, che sulle loro strade non rispetterebbero fedelmente i limiti, ammettendo  di appartenere a quella categoria. Penso per un attimo alla differenza di concetto del rispetto delle regole tra loro e noi, ma è già tempo di sbarcare. Dopo i saluti, ripartiamo imboccando la Strada 55, tra uno squarcio di cielo azzurro ed un ripiombare nel plumbeo più assoluto.

La carreggiata è stretta, con numerosi punti dove, da un lato c’è il costone roccioso e dall’altra il mare, cosa che ha impedito di realizzare una strada a doppia corsia. C’è spazio per un mezzo e, ad intervalli più meno brevi e regolari, ci sono piazzole di sosta che rendono possibile l’incrocio tra veicoli che provengono da direzioni opposte.

Il problema sono i camion, che non rallentano per nulla al mondo. La lezione però si impara in fretta. Basta dover fare picchiata degna di un Zero a Pearl Harbour in una di queste per evitare uno Scania a quattro assi carico di terra. Il percorso è inoltre a tratti parecchio tortuoso, ma la F800GS si disimpegna sempre alla grande, dimostrando la validità della scelta, di cui vi parlerò a parte.

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Proseguendo, confluiamo nella Statale 5. Il paesaggio è straordinariamente ripetitivo. No, non è un ossimoro, ma la realtà di una terra dove acqua, alberi, montagne e cielo sono i protagonisti, sempre uguali nel loro essere laghi, fiordi, alture e boschi, ma sempre differenti, di molto, e, anche per questo, sistematicamente in grado di stupire.

Nei pressi di Fjaerland, la vista cade su un malandato molo di legno con, poco al largo, una barca ormeggiata. Il paesaggio circostante, approfittando di uno sprazzo di “quasi sole”, si riflette nelle acque. E’ il luogo ideale dove fare uno spuntino. Pronti, sbrano, via e di nuovo in marcia, che lo Jostedalsbreen ci attende.

Con lui, anche la nostra più fedele compagna di viaggio, la pioggia, che torna a marcare il territorio. Bastano pochi chilometri ed arriviamo al cospetto di quello che, con 487 chilometri quadrati, è il più grande ghiacciaio continentale di tutta l’Europa.

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Dalla strada si vede solo una piccola lingua, dal momento che il resto, dove il ghiaccio raggiunge i 600 metri di spessore, si trova su un falsopiano al di fuori dalla visuale. L’impatto è comunque da brivido. L’azzurro del ghiaccio, lo scuro della roccia tritata dall’imponente massa, che si muove moltissimo ed il cupo del cielo, formano un cocktail incredibile.

Ripresa la marcia, le montagne lentamente si abbassano, con i ghiacci che fanno solo più sporadicamente capolino giusto in prossimità delle vette, niente a che vedere con lo Jostedalsbreen. La particolarità è che molte pareti, dall’andamento nemmeno troppo brusco, sono dilavate da una grande quantità di acqua che proviene da più in alto, e che si getta in prati così verdi che sembrano ritoccati con Photoshop.

Giunti a Skei, la Statale 5 viene inglobata dalla E39. Per la già citata prima regola delle strade norvegesi, la velocità media diminuisce. Per fortuna il nostro itinerario prevede, a Byrkjelo, di prendere una strada in apparenza senza nome e che, dopo un tragitto di 16 chilometri che comprende un valico montano, conduce ad Utvik, dove si inizia la circumnavigazione dell’Innvikfjorden.

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Qui il traffico è pressoché nullo e, mentre procedo, ragiono sul fatto che, finora, le pattuglie di forze dell’ordine incontrate sono state numerose quanto i mezzi con targa italiana… zero! La strada è al solito caratterizzata da un fondo perfetto e, complice il fatto che in questa zona non è piovuto, ma è soltanto nuvoloso, l’asfalto è asciutto, condizioni ideali per alzare un po’ il ritmo.

Lungi dall’essere una moto sportiva e/o da piega, la F800GS sembra però chiedere di sgranchirsi un po’ le forcelle, nei limiti di ciò che un agglomerato di ferro, plastiche e carne umana a ridosso dei 400 chili può consentire. Detto, fatto. I successivi trenta chilometri sono da sorriso nel casco, con una curva dietro l’altra, di ogni tipo.

Dalla sequenza di tornanti stretti invisa a molti biker, alla rapida successione di curvoni veloci, dove servirebbe forse un pizzico di sostegno in più dall’anteriore un pelo morbido (pur con le sospensioni settate su Sport), ma che resta estremamente prevedibile nel comportamento e consente di guidare in totale scioltezza e divertimento.

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Superata la cittadina di Faleide, ritroviamo la E39 e tutto ciò che avevamo lasciato prima, con l’eccezione di ciò che vediamo alla nostra destra. La lunga distesa di acqua di cui la strada segue l’andamento non è di mare, ma dolce. E’ l’Hornindalsvatnet, il lago più profondo della Norvegia, con i suoi 514 metri, che ci accompagna fino a Mogrenda.

Da lì, la Strada 15 ci conduce al Nore Fjordsenter di Bryggja (Indre Nore 6711 l’indirizzo esatto), dove  abbiamo prenotato un bungalow, che scopriamo essere con vista diretta sul fiordo. Il prezzo (88 € per una notte) non è proprio popolare ma, considerando il costo medio della vita in Norvegia, ci può stare.

Quattro i posti letto, di cui due a castello, immediatamente occupati dalle masserizie. Interessante la presenza di un soggiorno con angolo cottura, ma ancora di più quella deld riscaldamento a pavimento, che consente di asciugare gli oggetti bagnati con calore costante e non elevato. Sono le 20,30, ma il cielo è, al solito, ancora molto chiaro, pur se denso di nuvole.

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Decidiamo così di fare un salto a Refviksanden, nota per essere un angolo di Caraibi in terra norvegese, non certo per il clima, quanto piuttosto per la sabbia bianca della sua spiaggia. Torniamo in sella e la F800GS, liberata da bauletto, borse laterali e borsa serbatoio, è ancora più guizzante e leggera.

Proseguiamo per la Strada 15 e, dopo un bel tratto di saliscendi montano, superiamo il bel viadotto che separa Deknepollen a Maloy. Da lì la strada diventa la 617 fino a Raudeberg, dove si svolta a destra e si percorre la FV602, la quale conduce in riva al mare.

Lì, in realtà siamo già dentro al campeggio, dove però la fermata temporanea è concessa a tutti. Arrivando attrezzati, con tenda, camper o roulotte, ci si connette alla rete elettrica e si usufruisce dei servizi della struttura che, altro non è, se non un prato in riva al mare.

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Si paga l’eventuale pernottamento nell’area (circa 16 €) e, prima di partire, si lascia il denaro in una apposita cassetta di metallo fissata ad un muro della costruzione dove ci sono i servizi. Chissà in Italia, la mattina, quanti soldi ci sarebbero dentro? Più che altro, ci sarebbe ancora la cassetta?

La particolarità di questo sistema ritarda di un attimo la visita della spiaggia. Sembra il quadro di un pittore. A destra e sinistra la montagna che arriva a lambire il mare, sopra il cielo plumbeo, sotto la sabbia bianca ed in sfondo una barca a vela ormeggiata nell’insenatura, dove l’acqua è di un calmo totale.

Il silenzio è unicamente rotto dai soliti gabbiani, dallo scroscio di onde alte a malapena dieci centimetri che si infrangono sulla battigia e da un gruppo di ragazzi inglesi che, chitarra alla mano, intonano pezzi dei Beatles. L’atmosfera sarebbe più da musiche di Woodstock, ma Hey Jude va ugualmente bene.

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Risaliamo in sella su consiglio dei nostri stomaci. Si sta facendo tardi e la priorità diventa la cena. Tornati a Maloy e sfruttiamo la connessione Wi-Fi libera presente in tutti i comuni norvegesi per cercare un ristorante. La scelta cade su Kraftstasjonen (Gate 1, 6700 Måløy), locale ricavato in uno degli edifici dei docks della cittadina e che ha anche un’area adibita alla vendita di prodotti enogastronomici del luogo e non.

Pur essendo frequentato dalla movida della zona, non c’è partita. Al confronto di alcune tavolate di eleganti persone di età compresa tra i 30 ed i 50 anni, il nostro outfit, fatto di tuta antipioggia con tanto di calzari, ci pone decisamente su un altro piano, quello semi-interrato!

Tranquillizzati gli astanti sul fatto che non siamo alieni venuti per divorare loro, quanto piuttosto del buon cibo locale, ci sediamo e gustiamo ottimo pesce, dalla zuppa di baccalà alle aringhe cucinate in vari modi. Nessun problema, come sempre, per il senza glutine, con il conto (circa 70 € per due persone) da considerarsi nella norma.

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Per chi capitasse in zona, una location suggestiva è il Krakenes Fyr, un faro posizionato su uno spuntone di roccia. Ci si accede andando verso il campeggio, imboccando ad un certo punto, prima di costeggiare il lago Refvikvatnet, la FV60o .

L’ombra della sera non ne vuole proprio sapere, di calare, ma l’epilogo della giornata è vicino. Ci restano 30 km di strada, ancora da fare, per tornare a Bryggja, che utilizzo per un bilancio del viaggio finora compiuto. Alla fine concludo che nonostante freddo, pioggia e quant’altro, ne sta valendo la pena, ed alla grande.

Siamo così giunti alla boa di metà giro, ergo c’è ancora molto da fare e vedere. Il bicchiere è sempre mezzo pieno ed il sorriso nel casco, anche se la F800GS sta andando dritta come un fuso, fa il giro della testa. Chi ha detto che il miglior regalo che si può fare a sé stessi è viaggiare aveva capito tutto. Buona notte!

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-8]

Bergen, Norvegia. Suona la sveglia, ponendo fine ad un attacco di claustrofobia durato una notte, per il povero ventilatore presente nella stanza, rimasto segregato in bagno (ovviamente acceso) per svariate ore. Il suo segretissimo compito era quello di asciugare un po’ di indumenti lavati la sera precedente. Gli concedo il meritato riposo e vado a prendere la F800GS nel vicino (800 metri) parcheggio sotterraneo. Pago alle casse automatiche e, andando a ritirare la moto… sbaglio piano!

Una volta realizzato di dover scendere ancora di un livello, mi accorgo di aver lasciato le chiavi in albergo. Fortunatamente, dopo il pagamento si hanno trenta minuti per uscire, e così mi evito di dover riversare il poco economico obolo di 20 €. Qualcuno diceva che il mattino ha l’oro in bocca. Mi sa che oggi ha dimenticato di lavarsi i denti…

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Rifacendo al contrario, sempre carichi come sherpa himalayani, i cinque piani dell’albergo, provochiamo l’ilarità della receptionist, la quale afferma divertita come quelle scale, fatte innumerevoli volte al giorno, siano la loro miglior palestra per rassodare i glutei.

Ci fidiamo sulla parola, carichiamo la F800GS in configurazione “cargo” e ci mettiamo in marcia. Tragitto breve però, dal momento che restiamo in città, per andare nel caratteristico quartiere di Bryggen, classificato dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.

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Il giro è giocoforza rapido, il motivo non ve lo dico nemmeno, anzi sì… piove a dirotto. Colazione ritardata o, se preferite, pranzo anticipato in uno dei molti locali del lungomare dove, dopo mezz’ora di salamelecchi in inglese, scopriamo che il cameriere è italiano. Ci racconta come, recentemente, nella città norvegese sia piovuto per 87 giorni di fila., che suona come un “inutile attendere che smetta…”. Tanto vale tornare in sella, questa volta per fare un po’ di chilometri, puntando prima ad Est e poi a Nord.

Riprendiamo la E16, che a Trengereid abbandoniamo in favore della FV7, arriviamo nella cittadina di Haga, il cui nome, a dispetto di non c’entrare ovviamente nulla con il mitico Nitronori, trasuda di motociclismo da ogni poro. Passiamo da Tysse, Steinsdalfossen e sul ponte che si trova prima di Fykse, proseguendo fino a Granvin. Poco traffico e gran belle strade, condizioni purtroppo vanificate dal meteo.

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Da lì, con la solita cornice di laghi, fiordi, cascate, montagne ed una miriade di piccoli ghiacciai permanenti, imbocchiamo la Statale 13 per un breve tratto, abbandonandola per la 572, superando Thyssevikvegen, dove c’è un  passo interessante per il livello di “curvosità”. Torniamo poi sulla 13 in direzione Voss, punto di partenza di una chilometrica ascesa che termina dopo la cittadina (rinomata stazione sciistica da 6-7 metri di neve in inverno!), all’altezza del villaggio di Myrkdalen, da dove inizia un vasto altopiano.

In cima alla salita, su questa strada frequentata oltre l’immaginabile da pullman provenienti da nord, c’è una costruzione in legno, l’immancabile chiosco di souvenir. Isolato, nel mezzo del nulla, ovviamente flagellato da una pioggia che togliti di torno e con una temperatura che il display della F800GS dice essere di 7,5 gradi. Non male…

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Il resto lo potete immaginare: Alessandra fiondata dentro alla ricerca di oggetti vari, che questa volta sono prevalentemente mangerecci. Salamini di renna, alce ed altra fauna locale della quale, alle nostre latitudini, non favorirei il commercio ma, trattandosi della Norvegia, suona come acquistare del culatello a Zibello.

Ci scappa ovviamente qualche altro ninnolo di cui ho rimosso il ricordo. Paghiamo (rigorosamente con carta di credito/bancomat nonostante si sia a casa del diavolo) ed affrontiamo la lenta e lunga discesa che ci porta a Vikoyri, il centro principale della municipalità di Vik, sul Sognefjord.

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La nostra sistemazione per la notte è il Dampen B&B (che si trova in Centrumsgata), gestito da un signore che è anche il proprietario del bar poco oltre la struttura, lungo la via che porta al mare. Tutta in legno, la costruzione è caratteristica, le camere sono pulite e, tutto sommato, ragionevolmente economiche (73 € per una notte).

Dopo aver scaricato la moto, che anche nei lunghi ed a volte ripidi tratti di salita, si è disimpegnata alla grande nonostante il carico da mercantile di medio tonnellaggio cui l’abbiamo sottoposta ed esserci sistemati, lo sguardo corre con orrore all’orologio.

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Siamo fuori tempo massimo per andare in uno dei tre locali della cittadina, ma san Kiwi ci viene ancora una volta in aiuto. Senza più l’assillo del pasto (non che ce ne siamo dimenticati, eh… non sia mai), posiamo la spesa in camera e facciamo un giro per il piccolo centro che si affaccia sul più lungo (205 km) e profondo (1308 metri) fiordo norvegese.

La ormai consueta ma comunque per noi surreale luminosità del cielo in tarda serata ci accompagna nella passeggiata, utile, se mai ce ne fosse bisogno, a svegliare quel residuo di appetito che ancora stava pisolando. Cena in camera con prodotti locali e rotta verso il letto. 

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La tappa di domani prevede, tra le altre cose, di passare sotto allo Jostedalsbreen, il ghiacciaio più grande d’Europa ed il vedere Refviksanden, una spiaggia bianca, oltre a conoscere meglio il Sognefjord, tornando verso la costa, in direzione Bryggja, la meta del day-9. Venite con noi? 🙂

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-7]

Avevamo lasciato le acque del porto di Haugesund lisce come l’olio poche ore fa. Le ritroviamo comunque calme, anche se bombardate da una pioggia fitta e continua ed un cielo plumbeo che lascia ben poco spazio all’immaginazione.
Saldato il conto dell’hotel (75 € la doppia, colazione inclusa, in una struttura moderna e piacevole) e, dopo aver caricato la nostra fida F800GS, il cui display segna 2700 km dalla partenza, ci mettiamo in marcia verso Bergen, città dalla lunghissima storia legata alle vicissitudini dei re di Norvegia, alla Lega Anseatica e ad altro ancora.

Invece di seguire la strada costiera, mettiamo in pratica uno dei consigli di Hermann, vale a dire percorrere gran parte del percorso nell’entroterra. Prima di partire, catena, benzina e sospensioni. La prima riceve la dose quotidiana di lubrificante, la seconda serve a dimostrare che, abbandonate le autobahn tedesche, la moto è, se possibile, ancora più parca nei consumi, percorrendo regolarmente da 320 a 350 km con un pieno adottando una guida né da motore imballato nella zona rossa del contagiri, né da economy run.

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Circa le sospensioni, vista la giornata “lievemente” umida che si preannuncia, metto mano al sistema ESA a controllo elettronico e, con il pratico comando al manubrio, dal setting Sport, in realtà più per gioco che per reale necessità, passo alla modalità Normal, mentre l’ABS lo mantengo, tra Enduro e Road, sul settaggio più conservativo, il secondo. Prendiamo così la Statale 47 per un breve tratto, quindi la E134 in direzione Nord-Est, immergendoci in un susseguirsi di fiordi e laghi spesso davvero difficili da distinguere, gli uni dagli altri, per la presenza, nei primi, di rive scoscese apparentemente su ogni lato.

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Nel mezzo del cammin di nostro viaggio, costeggiando quello che ci sembra un bacino d’acqua dolce ed invece si rivelerà l’Akrafjord, un cartello stradale ci avvisa dell’approssimarsi di un tratto di strada scivoloso, che da queste parti significa cascata importante dietro l’angolo.Una curva ed ecco sulla nostra destra sua maestà Langfossen. Riconosciuto come uno dei salti d’acqua più belli al mondo e non modificato, come invece accaduto a molti altri in Norvegia, per alimentare centrali idroelettriche, è in pratica un corso d’acqua che si getta nel vuoto da 600 metri di altezza.

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Rapida infilata nel parcheggio che si trova poco oltre, un po’ di foto, poi sottopassaggio pedonale e via, fin sotto al gigante d’acqua. Dopo aver visto Iguaçu, pensavo di non poter più rimanere, a bocca aperta, davanti ad una cascata. Mi sbagliavo…
Il chiosco di cazzabubbol… ehm, di souvenir che c’è lì accanto attira Alessandra peggio di una calamita. Esce, raggiante, con in mano, nell’ordine, un cappellino fucsia, alcuni portachiavi in legno ed un paio di renne di peluche, fortunatamente in scala ridotta.

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Lancio uno sguardo a metà tra lo sconsolato e l’interrogativo verso la F800, che sembra rispondermi con una occhiata rassegnata. Meno male che tra bauletto, borse laterali e serbatoio, di spazio ce n’è. Mentre sovraintendo alle operazioni di carico, controllo la posizione sul navisat, scoprendo che… abbiamo sbagliato strada! Per fortuna però, visto che diversamente non saremmo arrivati lì.

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Sono infatti talmente numerosi, i luoghi di interesse, che inevitabilmente occorre tagliarne via molti, ma non Langfossen, che un posto se l’è guadagnato a forza, nel nostro giro. Ripartiamo e, percorsi pochi km, troviamo il bivio con la Statale 48, che prendiamo in direzione nord-ovest, per il rendez-vous con uno degli innumerevoli traghetti che collegano le varie sponde di fiordi e laghi. La particolarità di questi servizi è la loro economicità. Molti di essi infatti costano pochi Euro per una singola corsa.

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Prima però, un passaggio surreale in una foresta di conifere posta sul versante nord di una montagna. Dritti, quasi ad essere stati disegnati con il tecnigrafo, conifere alla cui base c’è una coltre di muschi e licheni spessa 30 cm. Immersi in un verde che più verde non si può e con il profumo di resina che nemmeno il Pino Silvestre degli spot anni ’80, approdiamo a Skanevik dove, lemme-lemme, un traghetto sta prendendo il largo. Perso di un nulla, anzi, meno. Poco male… il pub che si trova proprio sulla banchina d’attracco è anche una gastronomia. Fish-cake a pioggia e pratica pranzo sbrigata, il traghetto è nostro.

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Sbarchiamo, dopo una breve traversata, per mettere le ruote della F800GS ancora sulla Statale 48, passando per Husnes e Rosendal, dove diventa 551 fino a Jondal. Altro traghetto e via sulla 49, attraversando Norheimsund ed Eikedalen, che in estate è solo l’ombra della rinomata stazione sciistica invernale, per incrociare la E16 che ci porta fino a Bergen nella solita alternanza di paesaggi dove la natura fa sfoggio di tutta la sua potenza.

La sistemazione per la notte si rivela la peggiore fino a questo momento. Il City Apartment Hotel di Christiesgate infatti, pur essendo in centro e ad un passo dal pittoresco quartiere di Bryggen, è una sorta di ostello poco curato e manutenuto ancora meno.

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Ci viene affibbiata una stanza al quinto piano senza ascensore che è una di quelle mansarde in cui muoversi preoccupati di non tirare una testata contro il soffitto. Per 86 € forse ci si poteva attendere qualcosa in più ma, probabilmente, nel prezzo è anche compresa la seduta di cross-fit che comporta il trasferire i bagagli dall’ingresso alla stanza. Sistemata la moto nel vicino parcheggio sotterraneo Grieg Park P-hus (in Lars Hilles Gate, circa 20 € per una giornata), ceniamo allo Spisekroken (Klostergate,all’altezza del villaggio di olo ristorante con specialità locali, apparentemente di tendenza, che però si dimostrerà fortunatamente anche di sostanza.

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La giornata numero sette termina con un breve (causa pioggia torrenziale) giro a piedi per il centro città. Il buio mai completo del cielo è ormai una presenza fissa e non ci si fa quasi più caso, con la mente che è già proiettata alla tappa di domani, che prevede di arrivare al Sognefjorden. Prima di partire da Bergen però, tappa obbligata nel quartiere di Bryggen!

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-6]

Ti addormenti di sera e ti risvegli col sole. L’attacco di Albachiara di Vasco è perfetto per la sveglia di oggi, che regala un cielo azzurro che, dopo l’acqua di ieri, non pensavo potesse ancora esistere.

Rapida spazzolata nel frigo, dove Erik il vichingo ci ha lasciato la colazione e poi solito rituale della lubrificazione della catena e caricamento della F800GS. Pronti, via e… dopo cinque chilometri, piove!

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La mancanza di barriere naturali come le Alpi fa sì che le perturbazioni in arrivo dall’Atlantico arrivino senza filtri e scarichino senza pietà sulle regioni scandinave il risultato dell’incontro tra le calde correnti provenienti da Sud-Ovest e quelle gelide che arrivano da Nord. Beccare 5 o 6 rovesci in un giorno è la norma. A differenza di quanto avviene in Italia però, dove dopo un temporale esce il sole, qui, dopo un temporale… ne arriva un altro, e la festa continua.

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Lasciata la Strada 43 per la teoricamente più scorrevole E39, scopriamo il primo teorema sulle strade norvegesi e cioè che quelle secondarie e meno battute sono più veloci delle grandi vie di comunicazione nazionali.
Queste ultime infatti, oltre ad essere a tratti moderatamente tortuose rispetto a ciò a cui siamo abituati, presentano spesso restringimenti da due ad una corsia per carreggiata, oltre ad essere pesantemente frequentate da camion ed autobus. A tutto ciò, aggiungete limiti di velocità a 60 e 70 all’ora per tratti interminabili, dove asfalto perfetto e visibilità di chilometri permetterebbero ben altro.

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In ultimo, metteteci dentro la totale devozione dei norvegesi a questi stessi limiti ed avrete il (motociclisticamente) sofferente quadro della situazione. Fortunatamente però, la segnaletica orizzontale è gestita in maniera decisamente intelligente e, salvo rari casi, è sempre possibile sorpassare, anche in curva. Sulle vie meno importanti invece, il poco traffico consente di saltare agevolmente i pochi mezzi presenti, oltre a regalare scorci ancora migliori, il tutto sempre in condizioni di sicurezza.

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E le curve? Quelle ci sono sempre, dalle autostrade (che, lo ricordo, per le moto sono gratis) alle strade vicinali. La costante è il fondo, liscio e levigato, ma fortemente abrasivo, che garantisce grip assoluto. I Pirelli Scorpion Trail che equipaggiano la F800GS si stanno comportando alla grande, sia sul bagnato, quello vero, di queste parti, drenando perfettamente le secchiate di acqua che si fiondano dall’alto sull’asfalto, che sull’asciutto, rendendo la guida divertente, oltre che sicura.

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Nonostante il carico, complice le qualità dinamiche della moto, sopportano agevolmente angoli di piega interessanti e regalano un ottimo feeling.
I panorami, sulla E39 che ci sta portando ad Haugesund, con il meteo che sembra essere entrato in tregua armata, scorrono via rapidi, alternando passi montani a laghi, fiumi e sterminate foreste di conifere, dove il profumo della resina rende ancora più coinvolgente l’esperienza.

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Ad Algard prendiamo la Strada 45, poi la 508, quindi la 13, tre traghetti per attraversare il Lysefjorden e ci dirigiamo verso Preikestolen, una gigantesca falesia a picco sul fiordo ed alta 600 metri, totalmente piatta sulla cima, che viene ad essere un terrazzo naturale per una panorama da brivido, oltre che uno dei luoghi norvegesi più frequentati dagli escursionisti. Arrivati alla base della salita, un nuovo diluvio ci convince a desistere.

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L’idea di una ascesa a piedi lunga 4 km sotto le secchiate di acqua non ci entusiasma e ritorniamo in sella. Percorriamo a ritroso parte della strada di andata, compresi i traghetti, seguendo la Strada 13 che, ad Hàbet, ci riporta sulla E39, in direzione di Haugesund. La continua alternanza tra roccia ed acqua ha obbligato i norvegesi a grandiose opere per quanto riguarda le vie di comunicazione, con ponti, ma soprattutto gallerie, anche sottomarine, come se non ci fosse un domani.

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Di queste ultime, tre in particolare mi colpiscono. La prima è quella di Bomlafjord, quasi 8 km di tunnel che arriva a 260 metri sotto il livello del mare. Una volta entrati, ci si fionda in basso con una pendenza del 12%, tale che sembra di cadere in verticale, spettacolo! Terminato con 5 mesi di anticipo sul previsto e costato meno di quanto preventivato, con l’iniziale pedaggio che è stato eliminato a costo dell’opera ammortizzato. Vi viene in mente l’Italia? A me no…

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Le altre due gallerie degne di nota sono la Byfjord e la Mastrafjord. La prima, lunga quasi 6 km, arriva a 223 metri di profondità, la seconda, di circa 4,5 km, presenta la particolarità di una enorme rotonda sotterranea in direzione nord e che serve come crocevia per due strade che partono da lì. Quando si è presentata davanti ai miei occhi, con l’illuminazione azzurra a colorare la roccia e la sua imponenza, per un attimo ho pensato di trovarmi di fronte ad una opera aliena.

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Arriviamo alla meta in serata, giusto in tempo per l’ultima sorpresa della serata. Non faccio in tempo a spegnere la moto e sulla soglia di ingresso del Neptun Hotel (circa 70 € a notte per una camera doppia) si presenta Hermann, un signore avviato verso la settantina, che ci accoglie. E’ il receptionist della struttura, ma la definizione che più gli si addice è portiere di vecchio stampo.

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Cordiale e preparatissimo sulla storia norvegese e su ogni itinerario turistico che possa venire in mente a chi, come me, ha passato un discreto quanto di tempo a documentarsi per pianificare il viaggio, emana passione in ogni parola che pronuncia, coinvolgendo. Trascorriamo con lui una piacevolissima mezz’ora, che risulterà fatale per il discorso cena.

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Le cucine, da queste parti, chiudono alle 22 ed i vari locali del porto, che costituisce il cuore della movida locale, ci rispondono tutti che, se vogliamo, possono offrirci noccioline e birra. Se la seconda è ok, con le prime ci stiamo decisamente stretti. Ricorriamo così all’ormai fido Kiwi market e, con una mezza borsa di mini-carote, ciliegie, mirtilli, pane integrale, sardine ecc, torniamo in albergo.

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Ad attenderci, ancora Hermann, che ci regala un’altra conversazione straordinariamente interessante, condita da un video del ministero della cultura norvegese su Preikestolen, giusto per stimolare la lacrimuccia per ciò che non siamo riusciti a vedere… per questa volta. Salutiamo il nostro amico, promettendo di inviargli il link a questo articolo e ci ritiriamo in camera per la cena.
La luce della notte norvegese, mai completamente buia anche a tarda ora, rende speciale anche l’osservare l’immobilità delle acque nella rada e le luci del porto. E’ tempo di dormire. A domani!

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-5]

E’ la punta più settentrionale di tutta la Danimarca, che termina in una lingua di sabbia (Grenen) dove Skagerrak e Kattegat si incontrano. Da lì si vede la costa svedese e, almeno a quanto dicono i locali, nelle giornate con cielo particolarmente nitido, anche quella norvegese. Mezz’ora di strada ci conduce alla prima destinazione della giornata.

Lasciamo la F800GS nel parcheggio dedicato alle moto e, a piedi andiamo verso la spiaggia, disseminata di bunker della II Guerra Mondiale, data la posizione strategica. Poco prima di giungere in riva al mare, si trova anche la tomba di Holgher Drachmann, uno scrittore e pittore danese che ha pensato bene di trascorrere l’eternità in un luogo che, probabilmente, un secolo fa era tranquillo.

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Oggi invece, migliaia e migliaia di turisti fanno avanti ed indietro sui sentieri che si inerpicano sulle dune per godersi il panorama, il tutto però condito da garbo e civiltà che lasciano esterrefatti. Non una cartaccia o una lattina in spiaggia e sui sentieri, chapeau!

Le considerazioni sulla civiltà dei visitatori di Skagen lasciano ben presto il posto alla preoccupazione per il cielo cupo. Pochi chilometri di strada 597, che poi confluisce nella E39, e sembra di essere sotto alle cascate del Niagara, quelle di Iguazu ed al salto Angel, per l’occasione messe insieme a rovesciare acqua sopra le nostre teste. Questo è il nord che conosco!

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La violenza della pioggia rallenta di molto la marcia. Ci ritroviamo a viaggiare incolonnati a 30 all’ora lungo i 50 km che separano Skagen dal porto di Hirsthals, con un tale traffico in senso opposto, che sorpassare diventa una impresa, oltretutto inutile, visto l’infinito serpentone di auto davanti a noi. Mi accodo mestamente e vedo i minuti sul display della moto scorrere inesorabili, con l’indicatore della temperatura che segna 14,5 gradi.

Arriviamo al terminal del porto danese in un tempo che sarebbe stato sufficiente ad andare da Milano a Roma e ritorno, acquistiamo i biglietti per il traghetto verso Kristiansand (81 €), mangiamo un boccone allo Skaga bar (non ridete, lì si mangia bene e si spende il giusto) e scambiamo un saluto con due ragazzi di Ciriè diretti a Capo Nord. La scimmia per allungare anche noi fino là bussa prepotentemente alla porta, ma non apriamo.

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Mentre stiamo per uscire, ci chiediamo se sia il caso si rimettere la tuta antipioggia per fare meno di un chilometro. Uno sguardo fuori dalla finestra e gocce grandi come noci ci danno la risposta. Mai scelta si rivelerà più azzeccata, anche perché le corsie di imbarco sono, come sempre, prive di ogni riparo. Attendiamo così di salire con la visiera del casco chiusa e lo sguardo felice come quello di grumpy cat.

Imbarchiamo la moto e saliamo sul ponte, sistemandoci strategicamente in un posto dove ci sono due metri di corrimano a tiro e stendiamo il “bucato”. A fianco a noi, due famiglie di danesi con un sacco di bambini festanti che, al vederci arrivare bardati da pioggia, restano un po’ perplessi, mentre di fronte abbiamo l’uscita del duty free della nave, dove c’è un viavai continuo di gente che esce con cartoni da 24 di lattine di Pepsi e borse piene di vino e whisky.

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Le due ore ed un quarto di navigazione scivolano via senza accorgersene, aiutate da un sonnellino ristoratore. Nave ed aereo sono per me dei sonniferi micidiali.

All’approssimarsi della costa norvegese, il nero del cielo suggerisce che non si tratti di un temporale passeggero. Sbarchiamo così a Kristiansand e ci mettiamo in marcia verso Kvas, per 75 chilometri di E39 ed altri 15 di strada 43 dove lo show di Giove Pluvio è incluso nel prezzo.

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Non è semplicissimo raggiungere la location, che si trova in una frazione della vicina Moi dove gli indirizzi sono solo dei progressivi numerici non mappati sul navisat, ma una telefonata alla reception risolve tutto. Durante il tragitto, il maltempo non riesce ad impedirci di avere un assaggio della potenza della natura norvegese, con cascate che si gettano direttamente in mare, verdi montagne a picco sull’acqua e laghi ed insenature scavate dai ghiacciai ovunque.

Ad accoglierci un gentilissimo omone grande quanto un armadio che sembra Erik il vichingo e che gestisce il Kvastunet, ex-collegio trasformato in struttura ricettiva, con tanto di ristorante, centro congressi e shop… tutti ormai chiusi. Ci dice che per la notte saremo gli unici di una intera ala dell’edificio, perché il picco dei vacanzieri in quella zona è fino a metà luglio e poi da metà a fine agosto.

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Dopo essersi accordati per la colazione del giorno dopo, che ci avrebbe lasciato nel frigo del piano, scarichiamo i bagagli e torniamo nella vicina Lyngdal (13 km da dove siamo), dove troviamo un supermercato Kiwi, una delle molte catene che, come quelle danesi, hanno market di medio-piccole dimensioni aperti fino a tarda sera.

Tornati a Kvas, disseminiamo masserizie ed indumenti ogni dove come al solito e poi ceniamo con verdura e cibo locale. Mangiando, ragioniamo sul fatto che in effetti vacanze di questo tipo siano un po’ fuori dai canoni, almeno per chi è abituato a frequentare villaggi turistici, ristoranti di tendenza e movida. E’ una scelta, che non pretende di essere migliore di altre, ma nemmeno peggiore. L’ovvietà di questa perla di saggezza ci convince a dire stop a questa giornata. Da domani inizia la vera Norvegia. God natt!

BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-4]

Il mattino dicono abbia l’oro in bocca. Per iniziare la giornata va però bene anche una colazione a base di formaggi, salumi, verdure in agrodolce e, soprattutto, aringhe.

D’altronde, tra il lampione come abat-jour ed il vicino passaggio a livello che scandisce i quarti d’ora e che ha quindi permesso di abolire i rintocchi del campanile della chiesa di Gredstedbro, è stata una notte faticosa.

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Il programma di oggi prevede di arrivare nella parte più settentrionale della Danimarca, da cui partire, domani, alla volta della agognata Norvegia. Puntiamo verso Esbjerg sulla Statale 24 e ci dirigiamo a nord lungo la strada costiera, inizialmente la 12, che diventa 463 e poi 181, con quest’ultima che offre la possibilità di viaggiare per lunghi tratti, con imponenti dune naturali di sabbia che proteggono il nastro d’asfalto dal mare.

Particolarmente suggestivi i passaggi di Hvide Sande, Torsminde e Thyborøn. In quest’ultima, l’insistenza del nostro stomaco, a digiuno da ben qualche ora, non sente più ragioni e ci fermiamo. Il mix tra centro di piccole dimensioni ed il fatto che sia domenica fa sì che ci sia solo un chiosco, purtroppo non attrezzato per garantire cibo gluten free.

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Ricorriamo così ad un sistema molto in voga da parte dei viaggiatori in tutto il nordeuropa, la grande distribuzione, che tanto grande non è, visti i market che ci sono, presenti però capillarmente sul territorio e aperti in orari molto comodi (dalle 7 alle 22 o anche 23). Pane ed aringhe (per calarsi appieno negli usi locali) e frutta sono il calmante che le nostre fauci reclamavano da tempo.

Tornati in sella, affrontiamo il resto del tragitto, dal paesaggio mai monotono nel suo essere apparentemente tutto uguale. Le dune di svariate decine di metri di altezza, ricoperte da erba fitta sono uno spettacolo. La strada, mediamente trafficata, consente medie soddisfacenti, anche rispettando (quasi) completamente i limiti. La nostra marcia è comunque a singhiozzo, dal momento che non rinunciamo a fermarci per uno scatto ogniqualvolta lo scenario ne valga la pena.

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Passato il Parco Nazionale di Thy, abbandoniamo la 181 ed imbocchiamo la 11, quindi la 55 che, vicino a Lokken, lasciamo per la Longstrupvej, la quale diventa poi Rubiergvej. Parcheggiamo la moto e ci avviamo verso il Rubierg Knude Fyr, il faro che da decenni lotta per non essere sepolto dalla sabbia ed il cui destino è però segnato.

Il mare sta infatti erodendo, al ritmo di 1,5-2 metri all’anno, la costa, che in quel punto è un altipiano sabbioso alto 60 metri.
Visibile da lontano, il faro, costruito nel 1900, è in disuso dal 1968, ma viene manutenuto dalle autorità locali. Un sentiero conduce alla base della collina dove si trova la costruzione.

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In occasione del mio precedente viaggio in Danimarca avevo trovato forte vento, autentico signore di queste terre, che porta la vegetazione, alberi compresi, a piegarsi verso l’entroterra sotto la sua spinta. Oggi però deve essersi preso un giorno di vacanza, cosa che rende agevole la salita e regala, una volta giunti a destinazione, un panorama mozzafiato, grazie anche al fatto che il sole sta per tramontare.

Di piacevolmente diverso, rispetto al 2013, c’è che sul faro, in quell’occasione chiuso, si può salire, grazie ad una scala in ferro realizzata di recente e che rende alla portata di tutti arrivare in cima, a 23 metri di altezza. Ciò che si vede da lassù è uno scenario post-atomico con, alla base della struttura, tutte le macerie degli altri edifici che un tempo la circondavano e che ora non esistono più.

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Le immagini valgono un’altra volta molto più di mille parole. Nel faro è anche presente un caleidoscopio, che viene attivato, simulando la funzione luce notturna di un tempo, nell’ambito di un programma di valorizzazione del sito.

Peccato che, oltre per i costi che la cosa comporterebbe, ma probabilmente anche per il fatto di non produrre reddito diretto, in quanto attrazione totalmente gratuita, il complesso non sia oggetto di un progetto di salvaguardia mirato a proteggerlo dall’erosione del mare.

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Le previsioni indicano che tra il 2020 ed il 2030 il faro verrà inghiottito dallo Skagerrak e, lungo il percorso, dei segnali in legno indicano quanta costa il mare avrà eroso. Guardando dove oggi arriva l’acqua si può tradurre il tutto in una parola: impressionante.

Tornati alla moto, riprendiamo la Statale 55 e ci fermiamo a Hjorring. Lo stomaco riprende in mano la situazione fa valere il potere delle sue urla. La sosta al ristorante Nordsoen è l’occasione per osservare, nuovamente, come la luminosità del cielo in orari che per noi sono notturni, alteri la cognizione del tempo.

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E’ inconsueto vedere, alle 22, l’illuminazione per le strade ancora spenta perché ancora estremamente chiaro. Rimediato una cena in zona cesarini, ci avviamo verso il B&B Øster Vaaen, una fattoria in aperta campagna nell’entroterra di Sindal.

Lì, la proprietaria, avvertita in fase di prenotazione del nostro possibile arrivo in serata, ci accoglie con i suoi due gatti. Giornata finita con, a referto, altri 390 chilometri. Doccia, poi si dorme e domani… Norvegia!

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-3]

L’impalpabilità delle tende, che fa entrare nella stanza la luce del giorno priva di ogni filtro, ma soprattutto l’insistenza delle quindici sveglie puntate ad intervalli di 38 secondi l’una, ci convincono ad alzarci ragionevolmente presto.

Il programma della giornata prevede una visita ad Amburgo prima di mettersi in marcia verso la Danimarca, con destinazione Ribe. Il sole ed clima mite incontrati fino ad adesso sono tutta un’altra cosa, rispetto al meteo di tre anni fa, dove la pioggia un giorno sì e l’altro pure era stata il leitmotiv del viaggio, ma so già che mi pentirò di questa affermazione.

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Chiediamo di poter lasciare i bagagli in reception e ci avventuriamo per le vie di Amburgo, con destinazione il porto, una delle più caratteristiche della città che, dopo Berlino, è la maggiore della Germania e che pertanto non si può pensare di vedere in mezza giornata.

Dopo non più di trenta secondi di cammino, il nostro sguardo incrocia le vetrine di Mutterland, pasticceria-bar-emporio di prodotti tipici che si trova in Ernst Merck Strasse. E’ casualmente ora di colazione. Avete indovinato… ecco la nostra prima tappa.

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Il consueto approccio in inglese con il personale del locale lascia ben presto posto ad una conversazione in italiano. La ragazza che abbiamo di fronte è di Catanzaro e lavora lì da due anni. Con una mano impegnata a reggere una fetta di dolce al cioccolato ripieno di cioccolato e ricoperto… di cioccolato e l’altra a trattenere Alessandra dall’acquistare un container di merce che nemmeno se avessimo un TIR riusciremmo a trasportare, sistemiamo lo stomaco per il viaggio che ci conduce ai docks amburghesi.

Durante il tragitto incontriamo la Hauptbanhof Nord, quindi il Binnenalster, il più piccolo dei due laghi artificiali realizzati sul fiume Alster, il palazzo del municipio, dal quale imbocchiamo uno dei molti canali che conducono verso l’Elba e la chiesa di San Michele, con la sua cripta e la torre, che offre un punto di osservazione privilegiato sulla città, raggiungibile (a pagamento) via ascensore o scale. Arrivati in cima, ci godiamo il panorama ne approfittiamo per qualche scatto.

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Prima di arrivare al porto, in uno dei numerosi parchi della città, vediamo una famiglia che, con un barbecue in formato mignon, sta grigliando in piena Amburgo. Ci metteranno una vita a far cuocere qualcosa lì sopra, ma massima stima.

Al porto, dove durante la mia scorsa visita avevo trovato attraccata la Amerigo Vespucci, adesso c’è una ben più mesta ex nave dei pompieri trasformata in ristorante. Una passeggiata sul lungofiume ci conduce fino alla Speicherstadt, la zona dei vecchi magazzini portuali, oggi in quasi totale disuso, nei pressi dei quali ne approfittiamo per pranzare in un locale gluten free, il Rudolph’s, che di tale ha solo il nome. Se siete intolleranti al glutine come Alessandra, non considerate questo ristorante.

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Sono ormai le 16 ed è tempo di puntare verso la Danimarca. I 250 km di strada che ci separano da Ribe dovrebbero, a memoria, scorrere via veloci. Così è. L’asfalto liscio di una E7 finalmente senza cantieri consente di settare le sospensioni della F800GS in modalità Sport mediante il pratico comando al manubrio.

Questo ultimo tratto “no limit” in terra tedesca mi consente di dare una prima ed ovviamente personale valutazione su questa moto, che alla iniziale presa di contatto mi aveva un po’ disorientato per il suo comportamento estremamente regolare, al punto da far pensare che fosse un po’ impersonale.

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Invece no. L’essere sempre e comunque “smooth” è il suo punto di forza, sia che si tratti di lunghi trasferimenti autostradali, piuttosto che curvilinei percorsi montani oppure commuting urbano, ma anche strade bianche, la risposta è sempre gentile, ma che infonde sicurezza.

Il motore non ha il tiro della sorella maggiore o di altre concorrenti di cubatura superiore, ma gli 85 cavalli e gli 83 Nm ci sono. Le mie elucubrazioni vengono interrotte dall’avvicinarsi dell’ex-frontiera, il cui passaggio, Dio benedica Schengen, è come sempre una formalità.

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Imbocchiamo la E45 per una decina di km, uscendo poi in direzione Esbjerg lungo la statale 179 ed arriviamo a destinazione, Gredstedbro, a pochi km da Ribe. Il pub del paese, che fa anche da albergo, sarà la nostra sistemazione per questa notte.

Una doccia e via, verso quello che sembra un villaggio fuori dal tempo. Le immagini non bastano nemmeno lontanamente ad esprimere il fascino che emanano questi luoghi ed il camminare per le vie della cittadina più antica di Danimarca è un qualcosa di unico, accentuato dal cielo, per noi innaturale, ancora chiaro alle 22,30. Un consiglio che vale più di mille altre parole: andateci! 🙂

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Prenotando con largo anticipo tra l’altro, è possibile trovare una sistemazione all’interno del villaggio, nel quale diversi abitanti mettono a disposizione le loro case trasformate in bed & breakfast. Non è stato il nostro caso in questa occasione, ma ci godiamo comunque una cena al Weis Stube, posto sulla piazza principale e poi un giro notturno per le vie ormai semideserte, tra case del ‘600 ed il selciato che sembra evocare i rumori della vita di secoli fa.

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Sono solito cercare di evitare di tornare dopo poco tempo in luoghi già visitati, ma per Ribe l’eccezione era d’obbligo. Ritorniamo a Gredstedbro, dove una camera con vista su un lampione, rigorosamente a LED, ci renderà meno traumatico il risveglio domattina… ammesso di riuscire a prendere sonno in una stanza illuminata a giorno. Godnat! 😉

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-2]

Con la moto nel parcheggio interno dell’albergo ed i bagagli in reception, facciamo un giro per Norimberga, incontrando per primo il monumentale edificio della stazione Hauptbanhof.

Di fronte ad essa, l’antica cinta muraria ed il torrione Frauentor, accanto al quale si trova una porta di accesso al vecchio borgo, che oggi consente di entrare nell’Handwerkerhof, il villaggio degli artigiani, con botteghe caratteristiche più per l’architettura delle costruzioni che non per gli oggetti in vendita.

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Subito dopo la nostra attenzione viene catturata da una bancarella di frutta che, complice la fame mattutina, fa scattare l’acquisto compulsivo. Ne usciamo tronfi e soddisfatti con una vaschetta di lamponi, una di ciliege grandi come noci ed un paio di banane. Il tempo di arrivare alla chiesa di San Lorenzo e la colazione salutista è consumata.

Proseguiamo la visita arrivando nella suggestiva Piazza del Mercato, popolata di bancarelle e dominata, oltre che dalla Frauenkirche, dalla Fontana Bella, purtroppo coperta da una impalcatura. Da qui in poi la collina sale, prima verso la chiesa di San Sebaldo, poi in direzione del Castello. Un giro sulle mura e, guarda caso, è ora di pranzo, ma anche se non lo fosse, lo diventerebbe. Come in tutte le città importanti, qui si può mangiare ad ogni ora del giorno, facendo attenzione a non arrivare però troppo lunghi la sera.

Scegliamo lo Zur Schranke, andiamo di piatto tipico a base di salsicce bavaresi con crauti e ci incamminiamo verso l’albergo, per ritirare bagagli e moto. Dopo aver lubrificato la catena ed aver un po’ irrigidito il posteriore per mezzo della comoda manopola laterale, con sole e 29°C, ci rimettiamo in marcia.

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Quello di partire nel primissimo pomeriggio si rivelerà da un lato utile ad aver visto una brulicante Norimberga, dall’altro un errore madornale, più che altro per non aver nemmeno lontanamente considerato che i cantieri autostradali potessero essere ancora più protagonisti di quanto avvenuto ieri.

La storia così, tristemente, si ripete, con alcuni tratti iper-scorrevoli dove noi e la F800GS viaggiamo spediti ed altri in cui si procede a ultra-singhiozzo tra cambi di carreggiata, restringimenti ed i classici rallentamenti/fermate che, ad un certo punto, si risolvono nel nulla che li giustifichi. Il denominatore comune dei tratti a passo d’uomo è che gli automobilisti tedeschi, così come i molti danesi e norvegesi diretti verso Nord, si prodigano nello spostarsi per lasciar passare i motociclisti. Anche in Italia, come no…

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Percorere i 620 chilometri che separano le due città tedesche si rivela dunque più lungo del previsto,e decidiamo così di cenare on the road. La possibilità di uscire dalla autobahn senza avere a che fare con caselli e pedaggi, consente di fare rifornimento rapidamente nelle cittadine a ridosso dell’autostrada, oltre che consentire di non doversi sempre sfamare negli autogrill.

Usciamo nei pressi di Hildesheim, dopo aver deciso di non mettere ulteriormente alla prova la riserva di carburante della F800GS. Arriviamo ad un distributore con il display che segna 51 km con la spia gialla accesa, riforniamo e, di fronte a noi, vediamo un ristorante tipico, l’Alm Bavaria. Segno del destino. Stinco, crauti e una birra scura media (per circa 20 € a testa) non sono forse ciò che i dietologi raccomanderebbero prima di rimettersi alla guida, ma noi non glielo diciamo e ripariamo verso la meta, che dista 170 km.

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Davvero impressionanti i passaggi in mezzo alle lussureggianti foreste tedesche, con il profumo delle conifere che entra piacevolmente nel casco, mentre scende l’umidità della sera e, con essa, la temperatura, che si abbassa abbastanza repentinamente di 7-8°C subito dopo il calare del sole, per poi diminuire gradatamente nel corso della notte fino a 17-18°.

In questa ultima tratta non c’è segno di cantieri ed il traffico è praticamente pari a zero, condizione ideale per alzare un po’ il ritmo. La protezione del cupolino è adeguata ed anche ad andature sostenute il flusso d’aria ricevuto non è mai fastidioso. In poco più di un’ora siamo ad Amburgo. Arrivati in città, ci affidiamo al fido navisat per trovare l’albergo, tale Bee Fang che, dal nome, immaginiamo essere gestito da personale cinese.

Arrivati nel quartiere di St. Georg, parcheggiamo la moto davanti all’edificio e, entrando, abbiamo conferma delle nostre supposizioni. Un signore di mezza età, un po’ assonnato e che parla uno stentatissimo inglese, ci da le chiavi della camera, gigantesca per superficie, dove possiamo cimentarci nel nostro sport preferito, lo spiegamento di bagagli ogni dove.

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Notevole la capacità di carico della F800GS nella configurazione provata, con sia le borse laterali che il top case in grado di estendersi ed aumentare la loro già buona capacità. Lo spazio non è mai abbastanza, specie dovendo essere dotati di abbigliamento per affrontare il Nord.

Forti dei soli 250 km della tappa di domani e forse un po’ masochisti, in quanto non paghi della esperienza odierna, decidiamo di chiudere la giornata per alzarci presto l’indomani e dare una occhiata ad Amburgo, addormentandoci con il vociare, in ogni caso mai fastidioso, della movida della sottostante Kirchenallee. Gute nacht!

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BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-1]

Non esiste il modo migliore di concepire un viaggio, quanto piuttosto vale il concetto che ognuno di noi ha nei riguardi dell’affrontarlo. E’ un qualcosa di personale, come il percorso che si sceglie di fare.

Memore delle passate esperienze e del fatto che in Germania si possono sfruttare gli ampi tratti di autobahn dove non ci sono limiti di velocità, cosa che consente di percorrere molta strada, decido di strutturare le prime due tappe all’insegna dello spostarmi più a Nord possibile.
Il mio rapporto con le autostrade è come quello che c’è tra caffè e sale tra gatti ed acqua, se preferite, ma la destinazione è la Norvegia e non la Germania (per la quale ho già pronti da tempo due distinti e specifici itinerari, ma questa è un’altra storia), pertanto ben venga il lungo nastro di asfalto che taglia via città e villaggi, da quelle parti, è oltretutto gratuito ed assolutamente privo di caselli, all’insegna della massima efficienza, in perfetto stile tedesco.

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Nonostante il percorso fosse stato da lei approvato in precedenza, Alessandra è un po’ timorosa nei confronti dei 770 km previsti dal day-1 ma, ormai, il dado è tratto. Ritiro il mezzo il giorno prima e, nel trasferimento da Milano ad Asti ne apprezzo le doti di viaggiatrice, anche se saranno ben altre, le prove che la BMW F800GS dovrà superare, la prima tra tutte, il sopportare il carico.

Le borse rigide e più il bauletto forniti in dotazione svolgono nel migliore dei modi il compito, consentendo di “imbarcare” tutto il necessario, che prevede vestiario adeguato sia ai primi giorni, dove le temperature saranno simili a quelle italiane, che a quelli successivi, dove il termometro scenderà pesantemente.

Al trittico viene aggiunta una borsa serbatoio, contenente un minimo di attrezzi, l’indispensabile grasso per la catena e l’immancabile netbook, che mi serve per scrivere questo diario di viaggio, insieme alla fotocamera ed alla action-cam. Last but not least, applicato tramite un ragno sopra il bauletto, un sacchetto di nylon contenente le tute antipioggia (indispensabili, specie viaggiando nel Nord Europa) ed utile, nel corso del viaggio, ad ospitare gli indumenti destinati alla lavatrice senza passare dal via.

Si parte? Si, ma non senza un contrattempo personale che ritarda la messa in marcia. Decido così a malincuore di sacrificare la parte di percorso che prevede il passo dello Spluga in favore del più rapido San Bernardino. Alla frontiera di Brogeda mi ricordo un altro motivo per il quale ho sempre cercato di evitare le autostrade, specie quelle svizzere.

Oltre a togliere la maggior parte del piacere di guida, la vignetta, obbligatoria, si porta via 40 €, esattamente come per le auto, a testimonianza che, purtroppo, non solo in Italia c’è discriminazione verso le moto, con la logica vorrebbe pagassero la metà rispetto alle quattro ruote. Non c’è però posto per la logica, ma solo per un minimo di carogna che monta, presto ammansita dal fatto che, salendo verso il passo svizzero, la F800GS sfodera delle inattese doti di agilità.

Complice la ruota anteriore da 19 pollici e la posteriore relativamente stretta (è una 150/17), nonostante il carico, in curva è un autentico fuscello e sembra scendere il piega da sola, rendendo molto divertente la guida. L’itinerario misto percorso fino alla prima sosta per il rifornimento mi fa capire che le fermate saranno ogni 300 km ed anche più, dal momento che il bicilindrico 800cc in linea tedesco è particolarmente parco nei consumi.

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Passato il crocevia Svizzera-Lichtenstein-Austria, la strada scorre via rapida, con lunghi tratti a 150 all’ora di media, con punte di 180, che in Italia sarebbero da patente al rogo in pubblica piazza, mentre qui sono la norma, con la differenza che in Germania tutti usano gli indicatori di direzione e gli specchietti retrovisori.

Queste pratiche sono molto utili nelle corsie di sorpasso, dal momento che non è per nulla infrequente il vedersi piombare alle spalle auto sportive, superberline e maxi-sw lanciate a 250 all’ora ed anche più. Restando in casa dell’elica servirebbe una S1000RR, per tenerne il passo, ma non è questo lo spirito del viaggio.

Una nota (amara) è data dal fatto che in nessuno nei quattro stati europei finora attraversati, il carburante è caro come in Italia. Il mantra, che ci viene regolarmente ripetuto, a riguardo del fatto che il prezzo di benzina e gasolio all’ombra del Tricolore sia allineato a quelli del resto dei paesi UE, sarebbe utile mandarlo in soffitta…

La A7 ci fa puntare verso Ulm, il cui campanile gotico, che è la torre in pietra più alta d’Europa, si vede a chilometri di distanza. In questa occasione non ci fermeremo nella città tedesca, dal momento che un discreto numero di cantieri autostradali ha rallentato la marcia degli ultimi cento km, con ampi tratti a passo d’uomo, nonostante lo svicolare tra le auto totalmente ferme, che fanno a gara per spostarsi e lasciar passare le moto. Avete presente cosa succede in Italia? Ecco, tutto il contrario…

Poco dopo Ulm è tempo del secondo rifornimento del viaggio, utile per mettere qualcosa sotto i denti, visto che è ormai sera. Proseguono e, se possibile, si intensificano i rallentamenti. Sono in corso importanti lavori, sia di manutenzione ordinaria (fatta nel periodo estivo di punta come in Italia (!)) che di ampliamento del numero di corsie e la marcia è a singhiozzo. Si passa da tratti senza limiti ad altri in cui si viaggia a 60 all’ora, con la cosa che vale per tutti, dai camion alle Ferrari. Nessuno trasgredisce. Forse con limiti più sensati, saremmo più disciplinati anche sulle autostrade di casa nostra, ma ci mancherebbero ancora le vie di comunicazione tedesche. Il discorso si fa lungo…

Arriviamo a Norimberga che è notte. L’albergo, il B&B Hotel HBF, prenotato come sempre via Internet in precedenza, è nel centro, ma facile da raggiungere, grazie alla sua vicinanza con una direttrice che arriva dalla Stazione Sud. Il passaggio a ridosso dei bastioni ci invoglia a fare un giro in città, che faremo domattina.

I 770 km sono vinti, Alessandra non ci crede ancora. Non devo nemmeno estrarla dalla sua seduta, perché deambula tranquillamente. 😉 Il primo giudizio, da passeggero, sulla F800GS, è positivo. La poco romantica cena fatta in autogrill ci manda a dormire sazi, non prima di essersi assicurati un tetto sotto cui dormire anche per domani sera e di aver dato una scorsa all’itinerario che ci aspetta dopo svegliati. Sarà decisamente più rilassante, rispetto ad oggi, solo 620 km. Al sentire questo Alessandra sviene… ah no, si è addormentata per la stanchezza. Buona notte!

BMW F800GS: in viaggio dall’Italia alla Norvegia [day-0]

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Avete presente le interminabili, tristi, gelide ed umide domeniche invernali, quelle durante le quali, dopo aver pulito e lucidato la moto fino quasi a farla brillare di luce propria, avete rischiato una intossicazione da monossido di carbonio per averla accesa in garage, in preda a crisi da astinenza da odore e rumore?

Al termine di questa trafila, che nella sua versione più soft prevede solo il versamento di alcune lacrimucce nell’osservare la fida compagna di mille uscite, cosa altro resta, se non il gettarsi su PC e progettare compulsivamente le prossime vacanze su due ruote?

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Il problema è che odio mettermi in sella con neve e ghiaccio, ergo di giornate simili, da novembre a febbraio ce ne sono tante, troppe, e finisco regolarmente per pianificare svariati viaggi ogni anno, per i quali ormai non mi basterebbero tre vite, ammettendo in ognuna di guidare fino a centoventi anni. La scimmia, quando sale, lo fa di brutto. Ne sapete qualcosa, vero?

Alla fine però, un itinerario tra i tanti va scelto e, dopo l’esperienza della Scozia del 2015, quest’anno sarà la volta della Norvegia, attraversando Germania e Danimarca, per arrivare circa a metà del paese scandinavo che ha Oslo come capitale e percorrendo parte della Svezia al ritorno.

Perché la Norvegia? Amo i paesaggi incontaminati, dove si incontra poca gente, lontano dal caos nel quale vivo per 345 giorni all’anno e, non lo nascondo, subisco il fascino delle terre del Nord, con le loro storie, leggende, la grande civiltà delle sue genti.

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La seconda domanda che potrebbe sorgere è perché non Capo Nord? Non amo il mordi e fuggi. Con 17-18 giorni a disposizione, significherebbe vedere poco o nulla di ciò che c’è tra il luogo di partenza e la destinazione, cosa che non fa per me.

Sì, perché lo spirito è sempre lo stesso. Vedere luoghi e conoscere gente nuova, diversa, per arricchire il proprio bagaglio e staccare la spina, per riposare la mente, quella che, se stanca, non basta una dormita di dodici ore a ricaricarne le pile come avviene invece per il corpo.

Inoltre, il percorso sarà l’occasione per saggiare le qualità turistiche della BMW F800GS, quella che sarà una delle mie due compagne di viaggio. L’altra è Alessandra, che mi sopporta nella vita di tutti i giorni e che condivide con me la passione per viaggi di questo tipo.

Il percorso, di 6400 km, prevede alcune tratte già fatte in occasione di un mio precedente viaggio, quello del giro completo della Danimarca del 2013, ma vi assicuro che ne vale la pena. Non ci credete? Se vi va e se avrete la pazienza di leggere i miei appunti on the road, non ve ne pentirete! 🙂

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