Home Ezpeleta teme il futuro MotoGP senza Rossi. Soluzione? Dal 2018 Valentino con un Team Yamaha e Bulega rider!

Ezpeleta teme il futuro MotoGP senza Rossi. Soluzione? Dal 2018 Valentino con un Team Yamaha e Bulega rider!

Il CEO Dorna Carmelo Ezpeleta si è finalmente accorto che il dopo Rossi sarà un problema. E allora quale soluzione?

MotoGP – Un po’ in ritardo, anche il patron del Motomondiale Carmelo Ezpeleta ammette che neppure Valentino Rossi è “agonisticamente” immortale e quindi: “il futuro MotoGP senza il fuoriclasse pesarese sarà un problema”. Ieri abbiamo pubblicato uno stralcio dell’intervista rilasciata dal CEO Dorna a Motorsport.com alla vigilia del GP d’Italia del Mugello in cui Don Carmelo afferma: “E’ una buona notizia che lui (Rossi n.d.r.) voglia proseguire, ma dobbiamo pensare ad andare avanti quando smetterà… Il giorno che non ci sarà proveremo a trovare altri elementi e farli funzionare. Ci son cose che si possono realizzare al di là del fatto che Rossi continui o si ritiri. La gente potrebbe continuare a supportarlo anche quando smetterà, magari con l’Academy o un team proprio”.

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Nelle sport, sempre, l’uscita di scena di un grande campione lascia un vuoto, a volte incolmabile, fino all’ingresso di un degno sostituto. Nel motociclismo, solo alcuni grandi campioni – Agostini e Roberts su tutti – sono stati “grandi” anche dopo aver appeso il casco al chiodo, nel ruolo di Team Manager e talent scout. Altri – i più – hanno solo tirato a campare per rimanere nel giro, senza rinnovare la loro gloria di piloti. Fa bene, dunque, a preoccuparsi Ezpeleta che da oltre 20 anni ha puntato esclusivamente su un unico cavallo (Rossi). Al boss Dorna si potrebbe rispondere sic et simpliciter: “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.

Ma ad Ezpeleta va riconosciuto che non solo ha puntato su un cavallo di razza vincente in pista e fuori ma soprattutto che questo “purosangue” è stato ed è funzionale al progetto Dorna che – grazie appunto alla classe e al carisma di Rossi – ha trasformato il motociclismo da sport di nicchia a sport di massa, da sport europeo a sport mondiale, da sport povero a sport ricco, puntando tutto sul motociclismo sport-spettacolo funzionale alla rivoluzione dei media, con la Tv, internet, la globalizzazione. Ovviamente con tutti i pregi e anche i limiti conseguenti. Di questa trasformazione, con Rossi eccellente “interprete”, tutto il motociclismo ne ha tratto beneficio, nessuno escluso, compresa la grande platea degli appassionati, ovunque nel mondo. Solo la pattuglia dei nostalgici rancorosi arroccati come profughi in una zattera alla deriva in alto mare non lo riconoscono.

Valentino Rossi MotoGP 2016

Il grande sport vive di miti e il grande motociclismo ha trovato in Rossi il suo ultimo mito, consacrato come tale ben oltre i confini del nostro sport. Valentino è da 20 anni l’immagine stessa del motociclismo da corsa, l’emblema della velocità che fa sognare ovunque i ragazzini di tutte le età, la star che sfida il tempo e gli avversari che cambiano, il fuoriclasse super titolato e iper ricco che resta il funambolico giamburrasca della porta accanto, dalla stessa passione, volontà e sorriso dei giorni spensierati delle scorribande dell’Ape a tre ruote sui tornanti di Tavullia. Come scrivevamo tempo fa su Motoblog: “Rossi è quello che ce l’ha fatta e che dimostra che anche tu ce la puoi fare, che sempre ce la puoi fare. Essere figlio d’arte, la moto giusta al momento giusto, la gommina della domenica, l’orchestrazione della Dorna per tenerlo sempre al centro dei giochi, volano del grande business, sono dettagli per dividere le opposte fazioni, ma restano trascurabili. La classe non è un optional, specie se corroborata da passione, dedizione, intelligenza, un pizzico (grosso) di fortuna, che non guasta, guasconeria compresa”.

Come si è dimostrato nel 2015 e in questa prima fase del Campionato 2016 la rinascita del 9 volte campione de mondo è quindi la rinascita di una MotoGP appannata, dà lustro a tutti, a cominciare da chi vince, chiunque sia. Senza Rossi in campo e nella battaglia cosa sarebbe la vittoria di Lorenzo, di Marquez o degli altri big della MotoGP? Semplicemente ordinaria amministrazione, mentre così ha il sapore dell’impresa, rimette pepe al campionato, riporta il colore alla musica di questi motori iper tecnologici, spesso penalizzati, se non mortificati, da regolamenti dettati dall’insipienza o dalla volontà di appiattire i valori in campo in nome dello show, cioè del business su comando degli sponsor legati al telecomando delle tv.

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Oggi, passato lo spauracchio del flop derivato dai casini del finale della scorsa stagione, la MotoGP si pregusta un sesto round al Mugello dove tutto è show, nel luna park della Dorna, dove c’è già un popolo multicolore in marcia per godere sullo splendido scenario delle colline toscane e dire poi: “Io c’ero”. Questo è l’evento che ruota attorno a una star capace di attrarre le folle fino al limite del culto, facendo divampare un interesse così profondo e così ampio da far pensare all’emersione di un bisogno potente. In questi anni i mezzi di comunicazione – usando Rossi – si sono impadroniti del fenomeno, lo hanno amplificato innescando un processo di “contagio”: in breve il motociclismo è diventato consumo “culturale” e si è istituito come valore collettivo dotato di senso profondo.

Solo più avanti, alla fine di questo campionato, si capirà meglio se il baraccone traballante tiene e ha imboccato o no la via giusta nel bailamme di una MotoGP costretta a vivere sul valore aggiunto di un pilota “esclusivo”. Al Mugello – e questo è il bello delle corse – Valentino Rossi è atteso alla conferma, anzi al miracolo. Fin qui i risultati corposi e i gradini bassi del podio hanno dimostrato che Valentino c’è ma non è appagato: nel suo cuore c’è il sogno del titolo numero dieci con la clessidra che batte il tempo come una spada di Damocle. Una vittoria di Rossi al Mugello fa esplodere l’autodromo toscano e il cuore di milioni di appassionati davanti alle tv del mondo intero. E dopo? Dopo c’è il timore di Ezpeleta, di una MotoGP senza più Rossi pilota.

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Valentino Team Manager è una risposta ma non la soluzione. Serve il Valentino talent scout extra capace di trasmettere il testimone a un suo “delfino”. Non un pilota “qualsiasi”: un giovane leone italiano campione in pista e fuori – potenzialmente di gran talento e di grande carisma – diamantino, con una forte identità ma quasi un… “clone” del proprio mentore. Valentino, si sa, è stato ed è anche fortunato. Ecco, già in casa nel VR46 Team, l’uomo pronto, anzi il ragazzaccio talentuoso dal viso ammaliante e dallo sguardo assassino, capellone e irriverente sulla pista di lancio, quest’anno in Moto3, poi nel 2017 più su e nel 2018, a 18 anni, record dei record, nella Premier Class: Nicolò Bulega.

Già sentiamo il coro dei “sempre contro”: guai mettere il carro davanti ai buoi e guai rischiare di “bruciare” campioni in erba! Giusto. Ma il motociclismo è sport di rischio e come tale va interpretato e gestito nel suo iter, in ogni sua angolazione. Poi, si sa, si bruciano i “mediocri” mentre solo gli aquilotti che non temono il vuoto e volano subito diventano “aquile reali”, forti, capaci di ogni prodezza, oltre l’orizzonte. Anche nel motociclismo servono fantasia e coraggio: sognare è lecito e già dal Mugello il sogno può prendere corpo, magari con un colpaccio. Anzi, con un doppio colpaccio.

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