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Yamaha MT-10 2016: primo contatto

Finalmente provata la nuova Yamaha MT-10: radicale come una R1, pratica come una Tracer, è la nuova ammiraglia della famiglia MT

La Yamaha MT-10 è finalmente una realtà e, dopo averla ammirata all’EICMA, siamo subito andati a provarla in Spagna, ad Almeria. “Radical & Practical” l’hanno definita quelli dei tre diapason, dicendo che la MT-10 è capace di regalare emozioni adrenaliniche e controllo da supersportiva, ma senza far riscontrare la tipica scomodità di una moto da pista, anzi, garantendo un’ottima praticità tanto nelle uscite del fine settimana, quanto con un uso assiduo, come ad esempio quello dell’urban commuting o, per dirla in modo nostrano, per i caotici spostamenti cittadini. La ricetta è stata semplice, almeno in apparenza: prendi una Yamaha R1, spogliala e mischiala con la filosofia costruttiva della serie MT, aggiungi un’abbondante spolverata di personalità e il gioco è fatto.

Ammettetelo: appena avete visto la MT-10 vi è passata per la testa una delle seguenti due affermazioni, almeno per un istante.
Pensiero 1: “mamma mia che strana, pare Mazinga!”
Pensiero 2: “vabbè, è solo una R1 scarenata!”
Ebbene, una delle due affermazioni è corretta, l’altra assolutamente errata.

Qui a Motoblog eravamo molto curiosi di questa nuova Yamaha che va a completare la famiglia MT, dal momento che quelli di Iwata hanno distillato informazioni col contagocce facendo salire la curiosità e costringendoci ad una trepidante attesa per scoprire se queste due affermazioni (che onestamente sono passate anche per la nostra di testa) corrispondessero al vero o meno. Certo, sapevamo che in Yamaha non sono mai così prevedibili e che qualche sorpresina la tirano sempre fuori e, infatti, anche in questo caso la sorpresa c’è stata e tutt’altro che “ina”. Ma andiamo con ordine e cominciamo a vedere com’è fatta e, di conseguenza, quale delle due affermazioni iniziali sia corretta e quale errata.

Yamaha MT-10: com’è

Senza ulteriori indugi diciamo che: sì, con 12.990 € f.c. si può comprare una moto che sembra un robot manga in tre possibili colorazioni, ossia tutta nera, in un bel blu elettrico o nel particolarissimo e molto accattivante grigio chiaro lucido con cerchi giallo fluo. Il fatto che il “musetto” sembri il viso di un megarobot uscito dalla matita di Go Nagai, non è certo un caso.

I due faretti tondi, incastonati in un frontale dalle linee tese e spigolose, servono infatti proprio a riportare immediatamente alla memoria gli stilemi nipponici e, soprattutto, quel Giappone un po’ cupo e cyber punk a cui allude il motto di tutta la famiglia MT: the dark side of Japan.

Sì, perché la MT-10 non è assolutamente una R1 scarenata, bensì l’ammiraglia della famiglia MT che, con quest’ultima moto, viene completata nelle possibili varianti di architettura di motore, avendo infatti un bicilindrico per la MT-07, un tre cilindri per la MT-09 ed infine il quattro cilindri per la MT-10.

Avendo così svelato quale sia l’affermazione fasulla, vediamo di fare quindi un po’ di chiarezza sul perché di questa puntualizzazione. La linea MT è stata sviluppata seguendo esatte linee guida, in modo da poter offrire agli acquirenti moto dalle alte prestazioni, con meno cavalli delle omologhe due ruote della concorrenza, ma con un’erogazione lineare che, in buona sostanza, tiene il motore sempre molto reattivo, praticamente come fosse sempre al picco di coppia.

Oltre a questo, i prezzi sono più contenuti (basti vedere la MT-07 e MT-09 rispetto alle concorrenti) e l’accento viene messo sulla grandissima personalità. Certo, il motore è lo stesso della R1, ossia il CP4 (Cross Plane 4 cilindri), ma è stato rivisto in chiave MT, pur mantenendo le sue caratteristiche principali, come ad esempio l’omologazione Euro4.

Nello specifico i cavalli massimi scendono a 160 a 11.500 giri, mentre il picco di coppia è di 111 Nm a 9.000 giri, cosa che quindi comporta una velocità massima inferiore (limitata a 245 km/h) rispetto alla R1, ma ancora più corpo a medi e bassi regimi, là dove si usa maggiormente il motore al di fuori dei circuiti. Altra derivazione della R1 è il comparto sospensioni. Troviamo infatti la stessa forcella completamente regolabile KYB della supersportiva di Iwata, con steli rovesciati da 43 mm, così come il mono, sempre KYB, anch’esso completamente regolabile.

Ecco: le similitudini finiscono qui. Sono tantissime, la maggior parte, le differenze tecniche: dall’airbox più grande di un litro e mezzo, alle bielle che passano dal titanio al meno costoso acciaio. Per gli amanti dei tecnicismi, ricordiamo inoltre l’interasse cortissimo, 1.400 mm, il peso di 210 Kg in ordine di marcia, l’altezza sella di 825 mm e la distribuzione dei pesi ripartita con il 51% davanti ed il 49% dietro.

La dotazione elettronica è molto simile a quella già vista sulle altre MT. Troviamo infatti il selettore delle mappe motore che sono sempre denominate “standard”, “A” e “B” come nella MT-09, ma con caratteristiche completamente diverse dalla sorellina. Sparisce infatti la mappa rain, quella che tagliava la potenza e che solitamente era la B.

Qui invece abbiamo un crescendo di prepotenza: si comincia con la tranquilla Standard che dispone di tutta la potenza, ma di un’erogazione dolce, si passa alla mappa A che rende l’erogazione più diretta per finire alla mappa B che consente al motore di sprigionare tutta la sua potenza con il massimo grado di aggressività di cui la MT-10 è capace. In caso di pioggia, quindi, non si fa più affidamento sulla potenza tagliata, bensì sul traction control di serie.

Anche qui troviamo tre posizioni, in cui il livello d’intervento va crescendo al salire del numero: nelle posizioni 1 e 2 permette perfino di impennare, mentre la posizione 3, quella più invasiva e conservativa, risulta l’antidoto perfetto per il manto bagnato o con scarse condizioni di aderenza.
Chi invece sostiene che il traction control “ce l’ha nel polso” e si sente così sicuro da volerne fare a meno, ha comunque la possibilità di disinserirlo, per quanto ci sentiamo di consigliare questo atteggiamento solo nel caso si vada a girare in pista. Non troviamo invece la possibilità di escludere l’ABS Bosch, sempre di serie, che si occupa di evitare il bloccaggio delle ruote in frenata, ma con un’unica modalità di funzionamento: sempre pronto.

Se fin qui, però, abbiamo parlato di fredde caratteristiche sulla carta, bisogna ora vedere se nella realtà, affrontando la strada, tutto questo si traduca in quello cui ambiva la Yamaha nel progettare la MT-10, ossia una moto radicale, aggressiva e potente, ma anche comoda, pratica e capace di regalare ore di piacevole rilassatezza senza dover per forza indossare la tuta di pelle e consumare le saponette sul ruvido asfalto. Per fare ciò, l’abbiamo guidata a tutte le velocità ed in tutti i modi per poco meno di 350 km ed ecco quindi il responso del nero manto stradale.

Yamaha MT-10: come va


Il sole spagnolo bagna una quarantina di MT-10 tutte allineate e tutte pronte a portare giornalisti specializzati, venuti da ogni parte d’Europa, a scoprirne pregi e difetti, caratteristiche e peculiarità. Nessun indugio: montiamo in sella, giriamo la chiave, avviamo il motore e già possiamo esprimere qualche parere.

La triangolazione manubrio-sella-pedane è infatti nettamente più comoda ed accogliente di una supersportiva, con il busto non caricato in avanti e che quindi non grava su polsi e avambracci. Il suono che esce dallo scarico in titanio denota subito il carattere del propulsore da 998 cc, seppure non in modo sguaiato ed esagerato. Il display è molto chiaro e ben leggibile ed è facile avere già a colpo d’occhio la configurazione d’uso della moto, con il livello di traction control selezionato e che tipo di mappa sia stata scelta.

Giocherelliamo con i menu, attraverso i vari selettori disposti sui due semimanubri e ritroviamo più o meno la stessa configurazione trovata sulla Tracer e sulla SuperTénéré, con anche lo stesso Cruise Control dell’endurona stradale, sintomo di una vocazione al turismo ed al tranquillo girovagare per autostrade e arterie di grande scorrimento. Ecco, forse i blocchetti sono uno dei pochi aspetti meno intuitivi della moto. Con tutta l’elettronica che negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa sulle moto, sono spuntati pulsanti e selettori come funghi sotto al sole dopo una bella piovuta; bisogna prenderci un po’ la mano e le prime volte buttare un occhio per essere sicuri di ciò che si sta spingendo.

Bando alle quisquilie, buttiamo la prima e siamo in moto. Fin dai primissimi metri, con il motore che ancora lavora ai giri più bassi, già sentiamo confermata la natura della moto, percepiamo chiaramente e distintamente il tipico carattere della famiglia MT: l’erogazione lineare, ma corposa fin da subito, è sempre sul punto di esplodere in accelerazioni brucianti, sparando in alto la ruota anteriore senza avvertire (a meno che non si abbia il Traction Control impostato sul livello 3).
E’ il caso di dirlo, sulla MT-10 sale l’ansia da prestazione che le moto più cattive insinuano. Sì, perché se invece si cambia a bassi giri il comportamento è assolutamente controllabile e piacevole per guardarsi intorno e godersi una piacevole passeggiata.

Per quanto effettivamente la MT—10 sembri molto indicata al turismo e all’utilizzo urbano (soprattutto tenendo presente che con l’aggiunta di un paio di optional come le borse semirigide ed il cupolino alto diventa di fatto una “MT-10 Tracer”), non è per passeggiare che siamo venuti sulle splendide e tortuosissime strade della provincia di Almeria, quindi giriamo la manopola del gas e vediamo come si comporta sul veloce.

Nessuna sorpresa, la MT-10, quando la si lancia libera e aggressiva, dà grandi emozioni di guida, grazie sì al suo propulsore generosissimo, ma anche al suo interasse ridotto, dando vita ad una combinazione che permette, anche nel misto stretto, di avere repentini cambi di direzione e una sorprendente agilità senza che però la moto risulti mai brusca o troppo nervosa. Eccellenti le sospensioni che la rendono anche millimetricamente precisa nell’inserimento in curva e stabile durante la sua percorrenza, coprendo asperità e imperfezioni del manto senza quasi accorgersene.

Anche i freni sono assolutamente proporzionati alla potenza della moto, modulabili e progressivi nell’uso normale e molto incisivi quando invece strizzati senza riguardi, ovviamente potendo sempre confidare sull’angelo custode chiamato ABS. Insomma, considerando il prezzo, il motore, la guida e l’ottima realizzazione delle finiture la MT-10 conferma a pieno le aspettative e anzi le supera, dimostrando di essere, oltre ad un’aggressiva street fighter, anche un’ottima compagna di viaggio, una silenziosa complice nei giri con passeggero a seguito e, in definitiva, una moto che può essere usata in molteplici occasioni, sempre però con una forte propensione al divertimento.
Parlando di passeggero, forse vale la pena avvertire quelli e quelle dotati di gambe lunghe a doversi un po’ sacrificare, a causa del sellino a loro dedicato non esageratamente ampio e per via delle pedane abbastanza alte.

Abbiamo cercato dei difetti, ovviamente, visto che ben sappiamo che la perfezione non è di questo mondo, ma nonostante siamo riusciti a trovarne un paio, abbiamo dovuto anche constatare che in Yamaha avevano comunque già provveduto alla soluzione degli stessi. Il primo è la sella. Dopo quasi 350 km passati a dare gas e a sparare infantili e genuini sorrisi sotto al casco, sentiamo la necessità di far riposare il fondoschiena, di scendere per qualche minuto, dato che la seduta, alla lunga, risulta un po’ duretta. Come detto, Yamaha ha comunque la soluzione pronta e sempre tra gli accessori turistici si può trovare una sella “comfort” pensata apposta per spostamenti non solo in città, ma anche chilometricamente più impegnativi.

Il secondo punto è il serbatoio. Se infatti, come noi, vi lasciaste prendere la mano dalle mappe “B” e soprattutto “A”, quelle più allegre, allora preparatevi sì a tanto divertimento, ma anche a dovervi fermare dal benzinaio dopo poco più di un centinaio di chilometri. Divertendoci senza pensieri di consumi, infatti, ci siamo ritrovati a registrare un consumo tutt’altro che parco, mentre nella mappa “standard” e soprattutto non dando tutto il gas così da sfruttare la modalità Eco, si riesce ad aumentare sensibilmente l’autonomia complessiva.

Insomma, alla fine della giornata ci troviamo a dover confermare lo slogan con cui Yamaha descrive questa MT-10, ossia “Radical & Practical”, riuscendo infatti a coniugare la grande capacità prestazionale della R1 con una comodità, facilità e polivalenza nell’utilizzo degna della turistica Tracer. Non vi resta quindi che cercare un concessionario che ve la faccia provare, per poi dirci nei commenti la vostra impressione.

Yamaha MT-10: Scheda Tecnica

Motore: raffreddato a liquido, 4 tempi, DOHC, 4 valvole, 4 cilindri in linea
Cilindrata: 998 cc
Rapporto compressione: 12.0 : 1
Potenza massima: 160 cv a 11.500 giri
Coppia massima: 111 Nm a 9.000 giri
Trasmissione finale: catena
Telaio: Deltabox in alluminio
Sospensione anteriore: forcella rovesciata con steli da 43 mm
Freno anteriore: doppi disco da 320 mm con pinza a 4 pistoncini
Freno Posteriore: disco singolo da 220mm
con pinza a due pistoncini
Pneumatico anteriore: 120/70 ZR17 M/C (58W)
Pneumatico posteriore: 190/55 ZR17 M/C (75W)
Lunghezza complessiva: 2.095mm
Larghezza complessiva: 800mm
Altezza complessiva: 1.110mm
Interasse: 1.400 mm
Peso in ordine di marcia: 210 kg
Serbatoio: 17.0 litri
Serbatoio olio: 3.9 litri
Dispositivi elettronici: Traction Control System, Cruise Control, Yamaha D-Mode, Ride by Wire YCC-T
Omologazione: Euro4

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