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CIV tricolore 2016, si parte. Più luci o più ombre?

Il Campionato Italiano Velocità si appresta a partire. Ma come è messo il campionato “tricolore”?

La prossima settimana, con i test ufficiali a Misano dal 18 al 20 marzo, prende il via la stagione 2016 del CIV – Campionato Italiano Velocità. Dall’ultima gara 2015 del Mugello sono passati oltre 5 mesi e bisognerà poi attendere quasi un mese per la prima gara 2016 in programma il 14 e 15 maggio a Vallelunga. Quindi altra lunga pausa per la seconda tappa del 2 e 3 luglio al Mugello e del 30 e 31 luglio a Misano. Si torna dopo le ferie di agosto il 3 e 4 settembre a Imola per chiudere l’8 e 9 ottobre ancora al Mugello. Visto con la logica del bicchiere mezzo pieno, un bel calendario che bissa quello del 2015, articolato in dieci round su cinque fine settimane di gare.

Visto con la logica del bicchiere mezzo vuoto, non si può non rilevare i “vuoti” fra un appuntamento e l’altro e il test di Misano proprio in concomitanza dell’apertura del motomondiale a Losail. Tant’è. Sicuramente il Civ 2016 presenta un ricco menù, con una folta partecipazione di oltre 250 piloti in cinque classi al via: Superbike, Moto3, Supersport, Premoto3 e SP 4 T, con in palio 6 titoli, con la Premoto3 che premierà il campione della 125 2T e 250 4T. Ma non è tutto, con il prelibato contorno dei Trofei: il National Trophy (classi 600 Supersport e 1000 Superbike e la nuova Moto2) e il ritorno della Yamaha R1 Cup.

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Insomma, un campionato partecipato, di alto profilo tecnico e agonistico, con due piatti forti: da una parte la Moto3 con tanti promettenti “giovani leoni” in sella a moto di ben sette Case diverse (Honda, Ktm, Mahindra, Peugeot, Kymco-Oral, Tm, Rmu) e dall’altra la Sbk con piloti già rodati in sella ai bolidi di Ducati, Aprilia, MV Agusta, Bmw. C’è poi l’attesa novità della classe Sport 4 T con l’ingresso Yamaha a dar battaglia agli squadroni di Honda, Kawasaki, Ktm. Infine la ghiotta novità della Moto3 Standard, una 250 “depotenziata” (anche nei costi…) rispetto alla quarto di litro GP, in pista insieme alla Moto3, con classifica separata.

Per colmare il perdurante gap di un bel campionato che però comunica poco si punta sulla tv con tutte le gare trasmesse in diretta streaming da Sportube, la webtv che ha lanciato in collaborazione con la FMI il canale web della Federmoto: Moto Club TV. Avremo modo e tempo di tornare sui valori in campo di ogni categoria. Qui preme analizzare le due facce della medaglia Civ: una positiva, con il campionato riorganizzato dal 2009 dalla FMI, in costante crescita, palestra e fucina insostituibile per i nostri giovani piloti come dimostra oggi la nostra nuova forte presenza nel mondialino Cev e nel mondiale Moto3 2016.

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L’altra faccia della medaglia, più problematica, con limiti ancora presenti, a cominciare da un pubblico di fatto assente dagli autodromi (peraltro una caratteristica comune ad altri sport, calcio compreso) e dalla difficoltà per i piloti (in primis per i debuttanti) di sostenere i costi di una attività agonistica fra le più complesse, rischiose e onerose in assoluto. Non ci sono scorciatoie: chi decide di correre deve mettere nel conto rischi e costi. Tocca alla Fmi, però, promuovere al meglio le corse per renderle appetibili agli sponsor con riscontri di immagine positivi nel rapporto investimento-ritorno promo pubblicitario operando infaticabilmente anche sul fronte della riduzione dei costi di gare e campionato, di qualità nella sobrietà, senza inseguire il miraggio delle luminarie della MotoGP. Il positivo ingresso nel Civ di aziende sponsor importanti deve tradursi in vantaggi per tutti, a cominciare dai piloti e dai Team i veri protagonisti delle corse. Va in tutti i modi favorita la selezione fatta dalla pista, non dalla valigia del pilota.

Non è vero che non è stato fatto niente. Diciamo subito che, pur apprezzando l’impegno della Fmi, con in testa il presidente Paolo Sesti e con l’appassionata volontà di fare e di fare sempre meglio del responsabile Civ Simone Folgori, comprendiamo meno certe valutazioni roboanti e autoreferenziali, specie riferite al Team Italia nel mondiale Moto3, da troppi anni senza validi risultati, una scelta da ridiscutere e che impone una riflessione critica e autocritica sull’utilizzo delle (poche?) risorse federali. Il Civ è l’erede di una grande tradizione che viene addirittura dall’anteguerra.

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Negli anni 50-60-70 il Campionato italiano godeva di una massiccia presenza di pubblico sui circuiti e una copertura dei “media” notevole (ma solo sui giornali) con tappe che iniziavano il 19 marzo a Modena, proseguivano sui circuiti cittadini e non a Riccione, Rimini, Cesenatico, Cervia Milano Marittima, Imola, Pesaro, Monza, Vallelunga, San Remo Ospedaletti e nei primi anni in molte altre città. Per non parlare dei tanti circuiti cittadini teatro del campionato velocità juniores 125-175-250 e side. La “Mototemporada” emiliano-romagnola (allargata geograficamente) era un tour pre-mondiale e, comunque, oltre ai piloti big del mondiale (stranieri e italiani), contava sulla forte presenza di Case Made in Italy quali MV Agusta, Benelli, Morini, Bianchi, Aermacchi, Mondial, Ducati, Villa, MotoBi, Paton, Linto, (prima anche Moto Guzzi e Gilera e poi Morbidelli, Minarelli, MBA, Aprilia): una presenza che garantiva qualità tecnico-agonistica e show anche se – come abbiamo più volte scritto su Motoblog – non era tutto oro quel che luccicava. Altri tempi!

Dal dopoguerra al 1957 l’era d’oro con le grandi Case italiane in pista. Poi oltre un decennio fra alti e bassi e dopo il 1971, con la morte di Bergamonti a Riccione, la fine dei circuiti cittadini. Quindi il campionato “in difesa”, con pubblico scarsissimo anche con ingresso gratuito negli autodromi. Quindi il dopo 2009, con il Civ partito a rilento poi via via sempre più lanciato quale realtà importante anche a livello internazionale. La semina ha prodotto frutti importanti. Ma oggi si può e si deve fare meglio. Qual è il livello di coinvolgimento delle Case e degli importatori? C’è scarsa valorizzazione delle Case (specie quelle italiane) presenti nel Civ ben sapendo quanto “tirano” i brand. C’è un circolo chiuso dei circuiti nel quadrilatero Misano-Imola-Mugello-Vallelunga escludendo il Nord Italia (Monza, Modena, Varano ecc.) e gran parte del Centro-Sud (Magione, Bari, Pergusa ecc.).

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C’è scarsa… fantasia nel non provare anche nuove strade apparentemente “impossibili” quale ad esempio – come già proposto – l’organizzazione di una gara extra su un adeguato circuito cittadino (do you remember Villa Fastiggi di Pesaro?) o di una passarella promozionale ad esempio con tutti i protagonisti del Civ in sfilata a Riccione (in occasione del test o della gara di Misano) e a Firenze (in occasione della finalissima del Mugello). Serve lanciare messaggi all’esterno, non parlarsi addosso! Ancora, ci sono tanti e validissimi pilotini in pista sotto i 14 anni ma non altrettanti spettatori coetanei: perché non coinvolgere (con il ministero e le autorità specifiche competenti) le scuole? Per finire, perché non portare il Civ (una o due gare) all’estero utilizzando altri campionati e al contempo non allargare ulteriormente la (tutt’ora timidissima) partecipazione di piloti stranieri nel nostro campionato? Ci fermiamo qui, per adesso. Sono solo scampoli di proposte per smuovere le acque, per tenere aperto un confronto non solo fra addetti al lavoro, per un Civ da qualificare e migliorare ancora, basandosi su quello che c’è. E, con l’aria che tira, non è poco.

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