Home WSBK Phillip Island, circuito “da pelo” con show e insidie. Quando setting e freno motore fanno la differenza

WSBK Phillip Island, circuito “da pelo” con show e insidie. Quando setting e freno motore fanno la differenza

Scopriamo le caratteristiche del circuito di Phillip Island dove il prossimo weekend prende il via il Campionato Mondiale Superbike 2016

L’atteso prende il via il prossimo week end a Phillip Island con il nuovo format di gara uno anticipata al sabato pomeriggio e la conferma di gara due la domenica. Si rivoluzionerà anche il programma delle prove e delle qualifiche con la Superpole sabato mattina dopo le Libere numero 3 e il warm up domenica mattina con le prime due prove libere al venerdì.

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Questo, almeno così sperano Dorna e Fim, per rendere il Campionato WSBK più appetibile sul piano televisivo anche se le due gare non più concentrate la domenica comportano problemi organizzativi, logistici ed … economici per gli appassionati che vogliono seguire le due gare nei circuiti. Novità anche sul piano dei regolamenti tecnici, sostanzialmente nella logica di rendere il tutto meno costoso (numero massimo di motori da utilizzare pari alla metà delle gare iridate, elettronica con il Kit “uguale” per tutti, minor possibilità di intervento sui propulsori ecc.), con moto più “vicine” fra loro e gare più spettacolari.

Abbiamo già analizzato su Motoblog lo schieramento 2016 con ben sette Case impegnate – si dice ufficialmente o in veste semiufficiale, che non è la stessa cosa – con in testa Kawasaki, Ducati, Yamaha (ufficialissime, appunto) e Honda, Aprilia, MV Agusta, BMW (presenti, ma senza l’aureola e l’impegno diretto). Non torniamo sui piloti (l’uomo da battere è il campione del mondo Jonathan Rea su Kawasaki), già presentati con potenzialità e limiti di ognuno. Il primo appuntamento in terra d’Australia – sabato 27 e domenica 28 febbraio – farà il punto (pro tempore) sul reale stato di salute strutturale – a nostro avviso non eccellente – del mondiale delle derivate dalla serie dove permane, al di là dei soliti proclami propagandistici, uno stato di confusione sull’identità, l’organizzazione, il futuro di questa categoria che tanto ha dato (e può dare) al motociclismo nazionale e internazionale. Qui analizziamo – se pur schematicamente e in poche parole – la sintesi delle caratteristiche “tecniche” del circuito di Phillip Island e le conseguenze su moto e piloti.

E’ un tracciato spettacolare “vecchia maniera” di 4.445 metri, apparentemente “semplice” da imparare e da interpretare per la sua conformazione lineare pur se non piatta ma di fatto estremamente difficile quando si deve cercare il limite e si vuol tenere il passo su quel limite. Un circuito molto veloce, dove la Sbk gira sull’1 e 30 (negli ultimi test Rea: 1’31.249 con medie oltre i 175 Kmh e velocità di punta sui 315 Kmh) – la MotoGP 2015: pole di Marquez 1’28.364 alla media di Kmh 181,2 – un classico circuito “da pelo” per piloti “da pelo”, dove è facile perdere l’aderenza e dove le conseguenze di una caduta possono essere pesanti. Il tutto qui si complica enormemente sia in condizioni meteo con alte temperature o con forte vento, sia soprattutto in condizioni di bagnato quando nei curvoni e nelle esse la manetta tende a… chiudersi.

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Solo i fuoriclasse – come dimostra l’albo d’oro della MotoGP e della Sbk – riescono ad esprimere tutto il potenziale agonistico e tecnico, specie in condizioni di pista umidiccia (traditrice: né asciutta né bagnata) e riescono a fare la differenza nelle bagarre più infuocate. Il manico è fondamentale ma se non supportato dal miglior setting del mezzo conduce spesso a un disastro, con una caduta che manda all’aria i sogni di gloria. Per fare il tempo al top e per tenere un gran ritmo gara senza però distruggere le gomme conta centrare – oltre alla perfetta taratura delle sospensioni e alla scelta ottimale degli pneumatici- il “giusto” set up del freno motore. La moto tende ad intraversarsi nei curvoni e in particolare tende ad alzare il posteriore in staccata arrivando ad altissime velocità per cui un freno motore troppo brusco e un anti saltellamento della frizione troppo “chiuso” creano – condizionandosi vicendevolmente – notevoli problemi di tenuta con evidenti guai per il pilota e per il suo tempo sul giro.

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In parole povere, la centralina elettronica gestisce il freno motore mentre l’anti saltellamento è sulla frizione ed è meccanico, con delle “rampe”: la combinazione di questi due sistemi permette di affrontare – non sempre risolvendolo – questo non piccolo problema. Un problema per tutti ma particolarmente delicato, ad esempio, per la Ducati, non certo favorita in queste condizioni (a parte l’esigenza di disporre di un propulsore con grande potenza per raggiungere altissime velocità di punta) perché il motore bicilindrico di cubatura di 200cc. più elevata dei “4” 1000cc è meno morbido e meno fluido del “plurifrazionato” e porta anche – in staccata – con maggior facilità al saltellamento o addirittura al bloccaggio della ruota posteriore con le ovvie conseguenze negative.

Insomma, la ricerca è sempre la stessa, a Phillip island particolarmente difficile: il miglior equilibrio per fare il tempo più basso sul giro ma con un passo vincente capace di “salvaguardare” le gomme e tutto il resto, arrivando sul traguardo nelle miglior condizioni e più avanti possibile. Pilota e team hanno un bel da fare sia sul piano tecnico che su quello agonistico. Poi, si sa, la corsa è sempre imprevedibile e tutto può succedere. Non resta che sperare subito in un doppio round infuocato e in un campionato avvincente.

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