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Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

Yamaha le ha presentate al pubblico durante il Salone di Milano EICMA 2014 e da allora è iniziato il conto alla rovescia per poter finalmente mettere le mani su queste due supersportive giapponesi che hanno alle spalle una grande storia. Sul circuito australiano di Eastern Creek, abbiamo testato le nuove Yamaha YZF-R1 ed R1M 2015. Ecco il nostro test completo!


Testo di Riccardo Capacchione

Finalmente ci siamo! Il momento tanto atteso è arrivato anche per noi. Abbiamo potuto toccare con mano e testare tra i cordoli e l’asfalto del circuito australiano di Eastern Creek l’assoluta novità del momento nel mondo delle due ruote, la supersportiva giapponese che – fin dalla sua presentazione ufficiale avvenuta lo scorso 4 novembre – ha riscosso un enorme successo grazie alle sua caratteristiche tecniche ed estetiche mozzafiato.

La nuova Yamaha YZF-R1 2015, e la sua versione ancora più cattiva YZF-R1M, sono riuscite a sintetizzare la grande storia che si cela dietro al nome di un modello divenuto leggenda fin dalla sua prima apparizione nell’ormai lontano 1997, all’interno di una moto estrema ed efficace che richiede la giusta esperienza e il giusto “manico” prima di entrare in pista lasciandosi trasportare dalla sua esagerata verve.

I numeri parlano chiaro: 200 CV per 199 Kg di peso (200 Kg per la versione M), con una gestione elettronica che tiene sotto il suo occhio vigile ogni singola vite della moto, lasciando comunque al pilota la possibilità di assaporare un’esperienza di guida quasi paragonabile ad un bolide da gara, anche grazie al raffinatissimo sistema di sospensioni e ad un telaio Deltabox in alluminio a interasse corto che assicura grande manovrabilità e stabilità in qualsiasi situazione.

Nel mese di dicembre, Yamaha ha definito i prezzi per le due nuove punte di diamante di Iwata: 18.490 euro f.c. per la YZF-R1 2015 e 22.990 euro f.c. per la YZF-R1M. Sono cifre alte ma di tutto rispetto, visto e considerato il bagaglio tecnico e strutturale che questi due modelli si portano sulle spalle.

La Guida della YZF-R1 2015

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C’è una bella differenza tra una moto da corsa e una hypersportiva stradale. La prima deve svolgere al meglio un solo – si fa per dire – compito: completare nel minor tempo possibile un giro di pista. La seconda invece, oltre a doti dinamiche eccellenti, deve poter sostenere viaggi su strada (anche in due) e magari sopportare l’utilizzo quotidiano.

Bene, la YZF-R1 2015 – e ancor più la sofisticatissima versione “M” – appartengono alla prima “specie” di sportive: gli ingegneri non hanno tenuto in considerazione altro se non le massime prestazioni. Una premessa: chi scrive, ha avuto l’opportunità (e anche la fortuna, è vero…) di provare tutti i più “recenti” prototipi da MotoGP, comprese le M1 utilizzate da Valentino fino al 2010. Non entriamo nei dettagli, ma il ricordo è ancora vivo, come se l’avessimo provata ieri, nella memoria conserviamo con esattezza il comportamento di quel missile che, nelle mani del Dottore, diventava assolutamente imprendibile per gli avversari.

La facilità di guida anche al limite (del pilota, ovvio) e il feeling istantaneo (cinque giri a disposizione!) che si era instaurato tra noi e quel gioiello di meccanica è la sensazione ancora fresca ed evitante che ci torna in mente. Con tutte le altre Marche (giapponesi e non), ci è toccato sudare parecchio per cercare di capire, in quel breve assaggio, almeno vagamente le caratteristiche e le potenzialità di quelle moto.

Alcune montavano un motore così brutale nell’erogazione che il pilota, cui erano affidate, ci ha raccomandato di mantenere il motore oltre i 16.000 giri, oltre il picco di potenza massima, per evitare reazioni troppo violente (provateci voi a dosare il gas, a 15.000 giri in prima, a un motore da 240 CV nel tornante di Valencia che porta sul rettilineo).

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

Altre con ciclistiche dalle geometrie così “estreme” che la ruota anteriore non ne voleva sapere di chiudere la traiettoria impostata: ah, già, il pilota che la portava in gara ci ha detto che era necessario derapare di brutto col posteriore e la moto avrebbe chiuso la curva da sola. Crediamo intendesse senza il sottoscritto sulla sella…

Quella di Vale, no. Sì, il telaio era rigidissimo, è una caratteristica dei prototipi da corsa, ma il “pacchetto” motore-ciclistica-sospensioni era così bene amalgamato, accordato, miscelato, che mai ci siamo trovati in difficoltà, tanto che, per dare due riferimenti, la nostra velocità nel punto di staccata più violento del Ricardo Tormo di Valencia era di 277 Km/h, mentre quella del Vale era di circa 311. Valori parecchio distanti, ma nemmeno tanto se consideriamo a chi era… intestata quella M1!

Per capirci, sulla pista di Valencia con tutte la altre MotoGP abbiamo girato più piano rispetto ai nostri tempi rilevati con una delle sportive stradali dell’epoca. L’unica moto con la quale siamo stati più veloci è stata la M1. tenete comunque in considerazione il fatto che non è per niente una buona idea cadere in un test del genere, ma proprio per niente….

Tornando ad Eastern Creek e alla R1 in versione 2015, partiamo con la configurazione standard, la “A” (motore full-power e controlli al minimo). Abbiamo tre turni da 20’, anzi un po’ meno, a disposizione, e pensare di dare una valutazione su tutte le modalità di guida preimpostate è semplicemente impossibile. Preferiamo pertanto di valutare la moto per bene utilizzando la più performante, e lasciare le altre impostazioni base per l’ultimo turno in pista.

Riding-mode comunque facilmente selezionabili grazie ai comandi a bilanciere sul braccialetto sinistro e alla “rotellina” su quello destro, utile per scorrere le infinite pagine del menù, visualizzate sul display a doppia visualizzazione (street e racing). Visto? Ci stiamo erodendo nella descrizione e non siamo ancora partiti. Ora basta! Prima dentro, e si parte!

Il bicil…, pardon, (il sound allo scarico dovuto agli scoppi asimmetrici dell’albero motore Crossplane inganna…), il quattro cilindri in linea (misurato un po’ grossolanamente, è largo meno di 40 mm nella zona della bancata cilindri!) chiede un piccolo aiuto dalla frizione nello stacco da fermo e presto capiamo il perché: come da tradizione, la Yamaha R1 monta una prima marcia lunghissima (il modello precedente raggiungeva i 167 km/h in prima, rilevati con strumentazione di precisione esterna!), che però l’arco di utilizzo del motore, davvero ampio, rende sfruttabile.

Il circuito di Eastern Creek è stato allungato con un tratto di “esse” in rapida successione: il sinistra-destra-sinistra-destra che si allunga per circa duecento metri su una piccola salita si percorre tutto in prima, come molte altre curve di questo tracciato, dove qualsiasi altra sportiva richiederebbe una seconda marcia almeno.

Ma facciamo un giro completo di questo tracciato, dove Kevin Schwantz, consumò la tuta sino a rendere visibile il paraschiena durante una caduta con la Suzuki 500 2T alla curva 1… Il rettilineo si affronta “sparando” le marce come con una mitragliatrice Gatling grazie al perfetto sincronismo del cambio “elettronico”, uscendo da una curva di seconda piuttosto ampia, dove si fa scorrere la moto dal punto di corda sino al cordolo. Le Bridgestone di serie, in esatta simbiosi con la moto, hanno un grip spettacolare e una precisione sul dritto perfetta.

Mentre stracciamo il rettilineo a velocità “di curvatura”, buttiamo un’ultima occhiata al tachimetro, ben prima del punto di decelerazione: 287 km/h. Giù due marce, senza nemmeno sfiorare il freno (mica cerchiamo il “tempone”… dicono così tutti quelli che non riescono ad ottenerlo, vero?) e infiliamo la moto in una svolta velocissima a sinistra.

Pensate un po’ che questo è uno dei pochi punti di Eastern Creek dove possiamo “riposare” un attimo. In realtà si tratta di una doppia curva da raccordare, buttando la quinta nel tratto dove si rialza un filo la moto per tuffarsi nella seconda parte, a gas flat-out, che in inglese vuol dire “a manetta”.

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Impressionante la precisione di inserimento, e la velocità di risposta della moto nell’inserire l’avantreno. I cerchi in magnesio svolgono bene il loro compito, che è quello di diminuire il momento di inerzia, o (in soldoni), di rendere la moto più maneggevole proprio alle alte velocità.
Abbiamo appena messo la quinta e trovato il coraggio di dare tutto il gas e, da lontano, vediamo il punto di staccata: è come uscire dalla bocca di un cannone (e noi siamo il proiettile), per fermarsi in poche centinaia di metri, fino alla velocità di circa 70 km/h per impostare il tornante che sale a sinistra, strettissimo, da gomito a terra (ma risparmiamo la nostra tuta che non ha le protezioni adatte sulle braccia). Destra in salita, i controlli di trazione e dell’impennata lavorano in perfetta sincronia: siamo stupiti, continuiamo a insistere con l’acceleratore. La moto derapa poco e con dolcezza e facciamo un sacco di strada senza che nulla si scomponga.

Lo scollinamento violento è affrontato, manco a dirlo, a gas aperto, dovremmo cappottare in teoria e invece, giù per la discesa, pronti a staccare nuovamente per il lungo destra-sinistra, da raccordare in terza marcia. La potenza frenante ci piega letteralmente le braccia ma, grazie all’ampio spazio lasciato al pilota per gli spostamenti del peso, possiamo arretrare tantissimo, bilanciando ulteriormente la moto che comunque si mantiene in linea, anche grazie alla frenata distribuita elettronicamente sui due assi.

Siamo sicuri che la R1 monti l’ABS ma non abbiamo mai percepito il suo intervento. Una successiva intervista agli “eletrronici” del progetto R1 ci ha confermato che solo due-tre colleghi molto veloci tra tutti i giornalisti impegnati nel test hanno realmente causato l’intervento dell’antibloccaggio durante una sessione, anche se gli stessi asserivano il contrario, probabilmente sicuri di quel che dicevano: il grip spaventoso dell’anteriore, in effetti, può trarre in inganno anche piloti esperti.

Nei tratti guidati la R1 ha evidenziato una certa “durezza” in inserimento nelle curve più lente, lungo le quali una buona dose di gas in uscita aiuta a chiudere la traiettoria. Questione di assetto, come ci confermano i tecnici Yamaha: vista la velocità altissima di alcune curve di questa pista australiana, si è preferito privilegiare la trazione ad alta velocità rispetto alla velocità pura in percorrenza ed inserimento, scelta assolutamente condivisibile visto che basta adattare solo un poco lo stile di guida per riportare la moto alla neutralità dinamica totale.

Il rettilineo opposto ai box ci consente di apprezzare la velocità di risposta dei sistemi di controllo: sull’asfalto sono dipinte le strisce per la partenza delle auto, scivolosissime ma larghe circa 15 cm: bene, passandoci sopra apposta, a circa 180 km/h, il traction control fa in tempo a “pizzicare”, tagliandola, la potenza del motore: 125 volte al secondo la centralina valuta una mole incredibile di dati e agisce di conseguenza.
Inizia il tratto delle “esse” sopra descritte, tutto in prima: poco divertente, ma una mille che si fa portare con tale velocità nei pif-paf, in prima marcia per di più, non l’avevamo mai provata.

Il resto della pista prevede un lungo tornante dove si piega di brutto, e con questo intendiamo dire che si contano quasi i sassi del bitume tanto sono vicini agli occhi, per fiondarsi in un crescendo di km/h verso una larga curva a destra che poi immette nelle due svolte a sinistra che ci riportano sul rettilineo.

La Guida della YZF-R1 2015

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

La R1 è pensata per correre, molti dettagli sono stati studiati ad hoc, per le gare il cui regolamento vieta la loro sostituzione (vedi il telaietto reggislella e i cerchi in magnesio). Bene, ma ora tocca al versione “M”, con tanto di slick. Se ci era sembrato di andare forte, beh, ora abbiamo finito gli aggettivi.

Diavolo, con lo scarico aperto e il conseguente adattamento della centralina di alimentazione alle nuove condizioni fluidodinamiche, un assetto rivisto, decisamente più adatto alla guida racing di quello “stradale” della R1 “base” e perfetto per le slick Bridgestone, oltre alle differenze che potrete riscontrare nella scheda tecnica, con queste modifiche, dicevamo, ci è parso di tornare in un lampo a quel giorno sulla Yamaha M1 (e non è un refuso) blu elettrico con la scritta Goooooo! O è quella che stiamo guidando ora la M1 (ripetiamo, non è un refuso) del Dottore, ma verniciata di grigio?

Sopra questa moto tutto è “di più”: si frena, accelera, piega, si brandeggia la moto con una velocità mozzafiato, e di colpo capiamo che il limite dinamico è passato totalmente dalla parte della “M”. Un difetto però ci deve pur essere: siamo davvero stanchi, cinque turni con queste belve richiedono una preparazione adatta anche del pilota, e tornando a casa ci ripromettiamo di aumentare le sessioni in palestra, in bici e con la moto da Enduro. Tra poco una comparativa sarà d’obbligo e ci faremo trovare pronti per Lei!

La Tecnica della nuova Yamaha YZF-R1 2015

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A spingere la nuovissima supersportiva di Iwata troviamo un nuovissimo e compatto 4 cilindri frontemarcia da 998 cc, 4 valvole per cilindro, dotato di un nuovo albero motore ‘crossplane’ di derivazione MotoGP che permette gli ‘scoppi irregolari’ e un’erogazione di coppia particolarmente lineare. Yamaha dichiara che questa nuovissima unità è capace di erogare ben 200 CV di potenza con airbox non in pressione.

Non poteva di certo mancare una dotazione elettronica allo stato dell’arte. La nuova YZF-R1 è infatti dotata di una lunga serie di sensori che rilevano un’infinità di dati, provenienti sia dal motore che dalla ciclistica della moto, che vengono trasmessi direttamente ad una potente centralina che provvederà a dosare in tempo reale gli ingredienti giusti per rendere la guida emozionante e unica.

La dotazione digitale della nuova YZF-R1 2015 comprende: l’avanzata piattaforma inerziale (Inertial Measurement Unit) a 6 assi, un sistema sviluppato per la MotoGP e per la prima volta su una moto omologata per uso stradale, il Traction Control a controllo variabile in base all’angolo di piega, lo Slide Control, il Lift Control, il cambio con Quickshifter, il Launch Control e un moderno ABS con Unified Brake System (sistema di frenata unificata).

Passando poi alla parte ciclistica, la struttura portante della supersportiva di Iwata è un nuovo telaio Deltabox asimmetrico in alluminio a interasse corto, con telaietto e cerchi da 17″ in magnesio. L’ago della bilancia rimane sui 179 kg di peso a secco, che lievitano fino a 199 kg in assetto di marcia.

La frenata viene assicurata, all’anteriore, da due dischi da 320 mm accoppiati a pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini (con tubazioni in acciaio), mentre al posteriore troviamo un disco da 220 mm con pinza flottante mono pistoncino.

Raffinatissimo il reparto sospensioni, che sfoggia una forcella KYB da 43 mm (120 mm di escursione) e un mono ammortizzatore completamente regolabile che lavora un combinazione con il nuovo forcellone con capriata di rinforzo.

Crossplane: il mistero della croce

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Vi hanno detto che il sistema a scoppi irregolari adottato da Yamaha per la R1 serve ad aumentare la coppia ai medi regimi? Bene, il motivo non è affatto questo, o perlomeno non nel senso che la coppia prodotta dal motore aumenta ai medi regimi. Vi spieghiamo il perché, se avrete la pazienza di seguirci…

Dunque, la principale prerogativa del quattro cilindri in linea della R1 è sicuramente l’albero motore denominato “crossplane”. In un 4 cilindri in linea tradizionale, le manovelle dell’albero motore, a cui sono collegate le bielle, sono disposte a intervalli regolari. Un motore a 4 tempi svolge un ciclo completo (aspirazione-compressione-scoppio-scarico), in due giri di albero motore, ovvero, traducendo il tutto in gradi, 360°x2=720°.

In 720° di rotazione, quindi, tutti i cilindri completano il loro ciclo di lavoro. Dividendo i 720° in quattro, si ottiene una disposizione delle manovelle distanziate tra loro di 180°, ottenendo così una sequenza 180°-360°-540°-720° (si potrebbe iniziare con 0°, è una questione di convenzione tecnica porre 180° come punto di inizio della sequenza).

In questo modo il motore ha le fasi “attive”, comunemente dette “scoppi”, che spingono il corrispondente pistone in modo da ottenere una curva di coppia molto regolare. Tutto perfetto, e in effetti lo è, dato che in questo modo le vibrazioni sono più contenute, le masse in rotazione e in moto alternato (pistoni e circa 1/3 della lunghezza delle bielle) si bilanciano tra loro, senza generare forze anomale sull’albero motore.

Yamaha invece adotta un albero motore con una disposizione delle manovelle “sfasate” tra loro di 90°, ottenendo una sequenza di questo tipo: 270°-180°-90°-180°: in questo modo, grazie anche agli alberi a camme dedicati, il motore si comporta quasi come un doppio bicilindrico.

Il che comporta un aumento delle vibrazioni e soprattutto dei carichi di torsione sui perni di manovella e di banco dell’albero motore, che infatti hanno un diametro maggiore rispetto a quelli del vecchio motore R1 a scoppi “regolari” per sopportare i carichi “pulsanti”. Basta ascoltare il suono allo scarico della nuova YZF-R1 per capire di che stiamo parlando.

L’aumento di carichi torsionali e delle vibrazioni significa anche un’altra cosa: dispersione di potenza, dato che il motore spreca parte dell’energia prodotta dalle combustioni proprio per “torcere” i perni dell’albero motore, producendo vibrazioni superiori (che assorbono energia). In effetti, intervistando i tecnici motoristi della R1, ci è stato confermato che questa soluzione sacrifica una piccola parte della potenza e della coppia massime che il motore in configurazione standard potrebbe produrre, proprio a causa dei maggiori carichi di torsione sull’albero e delle maggiori vibrazioni che si generano con il “crossplane”.

Perché, allora, questa scelta apparentemente “sbagliata”? Quando si parla di motori con 200 e oltre CV (ricordiamoci che gli scoppi irregolari nascono con e per la M1 da MotoGP) la” spinta” da parte del motore sul pneumatico posteriore è costante e raggiunge valori così elevati, da superare la capacità dello pneumatico posteriore di trasferire la coppia motrice a terra. In questo caso i controlli elettronici interverrebbero, “tagliando” la potenza erogata in quel momento (tipicamente a centro curva, quando il pilota “riprende in mano” il gas), con conseguente perdita di performance della moto.

Con gli scoppi irregolari, invece, se è vero che in un dato momento si ha un picco di coppia motrice molto elevato (ma per un tempo brevissimo), si ha anche un tempo (decisamente più lungo) durante il quale la spinta del motore cala drasticamente. In questo modo il pneumatico durante la fase di scoppi “irregolari” molto potenti perde grip, ma “ha il tempo” di recuperare l’aderenza perduta in un tempo brevissimo nella fase, decisamente più lunga, durante la quale la spinta cala a causa della disposizione “asimmetrica” delle manovelle. Ricordate, non è mai il valore assoluto che conta in questi casi, ma quello “medio” e nello specifico il bilancio delle perdite e recuperi di grip (continui e velocissimi sia chiaro!) da parte del pneumatico posteriore, è decisamente a favore del sistema “crossplane”.

In sostanza, si sacrificano un po’ di potenza e coppia massime (che comunque non potrebbero fisicamente essere scaricate a terra), ma si guadagna nel computo totale del grip. Risultato, il pilota può contare su una maggior trazione, il traction control interviene in modo molto meno invasivo, e la moto “fa strada”, invece che “piantarsi” con il motore che balbetta a centro curva, “imprigionato” dalle redini elettroniche dei controlli veicolo o dal buon senso del pilota che non spalanca completamente il gas.

Se volete un esempio molto semplice, pensate ai motori Ducati e Moto Guzzi. Entrambi sono bicilindrici a V di 90°, ma il loro “sound” e rendimento è totalmente differente. Il motivo è che il motore Guzzi realizza uno scoppio (ad esempio del cilindro destro), seguito da un giro “morto”, al quale segue lo scoppio nel cilindro sinistro. Disposizione regolare degli scoppi. Nel twin Ducati, invece, si ha lo “scoppio” nel cilindro verticale, seguito subito, anzi dopo 90° dal cilindro orizzontale, a cui segue un giro e 90° di fase passiva.

Non per nulla da sempre uno dei punti di forza delle Ducati è la trazione in uscita di curva, mentre Guzzi ha dalla sua parte la coppia molto elevata a regimi molto bassi. E se non vi abbiamo convinto, ascoltate il suono allo scarico di queste due moto italiane, che montano motori dall’architettura identica (cambia il verso di montaggio nel telaio, ma questa è tutta un’altra storia…), ma il cui “sound” è assolutamente diverso e inconfondibile, proprio come quello della Yamaha YZF-R1 rispetto ai quattro cilindri tradizionali!

Il Design della nuova Yamaha YZF-R1 2015

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

La nuova R1 2015 è nata per la pista, e i suo designer si sono attenuti a questo concetto. Linee nette e pronunciate, con la grande presa d’aria centrale, un cupolino ampio e “muscoloso”, e alcune forme del frontale che la avvicinano nettamente alle M1 da MotoGP.

Anche il suo profilo laterale si avvicina al design dei prototipi da gara guidati da Rossi e Lorenzo. Serbatoio ribassato, cupolino compatto e ampio spazio sotto la sella. Dettagli che disegnano un profilo più raccolto rispetto ai precedenti modelli e rispetto al design che caratterizza le supersportive concorrenti.

La novità assoluta è di certo il frontale, caratterizzato dal cupolino che adotta una doppia linea simmetrica di strips LED che funge da luce diurna, mentre i nuovi e compatti fari, sempre a LED, sono posizionati lateralmente, nella parte inferiore del cupolino. In questo modo, con i fari nascosti dal grande muso della nuova R1, l’impatto racing è innegabile.

Sotto il cupolino e sui fianchi della moto, le parti non coperte dalla carena mostrano diversi elementi del motore e l’aerodinamica interna, per accentuare la leggerezza della moto e la qualità hi-tech del design. La sensazione generale di leggerezza è esaltata dal design “cross-layered wing”, con i diversi elementi della carena fluidamente intrecciati l’uno con l’altro. Due le colorazioni inizialmente previste: ‘Racing Blue’ e ‘Racing Red’.

Pregi & Difetti Yamaha YZF-R1 2015

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

Piace

Pacchetto ciclistica ben bilanciato e inuitivo
Elettronica: controllo motore molto redditizio e performante
ABS: intervento quasi inavvertibile, soprattutto al posteriore

Non Piace

Supporto posteriore della sella troppo distante per appoggiarsi nelle accelerazioni
Plexiglass troppo basso per le altissime velocità

La Tecnica della nuova Yamaha YZF-R1M 2015

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La versione M della YZF-R1 2015 è anch’essa spinta dal nuovo motore 4 cilindri fronte-marcia da 998 cc, 4 valvole per cilindro con nuovo albero motore ‘crossplane’, con 200 CV di potenza dichiarata con airbox non in pressione. Rimane anche qui l’impianto frenante con due dischi da 320 mm e pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini all’avantreno e disco da 220 mm con pinza flottante a pistoncino singolo dietro. Non poteva certo mancare la ricca dotazione elettronica con piattaforma inerziale IMU (Inertial Measurement Unit) a 6 assi, Slide Control, Lift Control, Quickshifter, Launch Control e ABS con Unified Brake System.

Ciò che cambia nettamente in questa versione muscolosa e pistaiola è il reparto sospensioni. La YZF-R1M 2015 si affida infatti alle sofisticate sospensioni elettroniche Öhlins Electronic Racing Suspension (ERS), nate per sfruttare ancora meglio il suo potenziale in pista.

Questo sistema di sospensioni lavora in simbiosi con l’IMU a 6 assi e gli altri sensori della moto: in base alle condizioni di guida, la centralina Suspension Control Unit (SCU) attiverà quindi le regolazioni per le sospensioni, garantendo maggiore stabilità e controllo in frenata. Analizzando in tempo reale i dati forniti dall’IMU, la “ERS” in pratica modifica compressione ed estensione sui valori ritenuti ideali.

Le nuove sospensioni elettroniche ERS possono essere tarate anche manualmente, lasciando il pilota libero di scegliere il setting ideale. Tre le possibili tarature, per un totale di sei livelli a disposizione del pilota. Per una maggiore efficienza, la forcella a steli rovesciati da 43 mm ha circuiti di smorzamento separati: la compressione nello stelo sinistro, l’estensione nello stelo destro.

La Communication Control Unit (CCU) è un’interfaccia con funzione di data-logging che permette al pilota di memorizzare molte informazioni sulla guida, tra cui tempi sul giro, velocità, posizione dell’acceleratore, angolo di piega, tracking GPS etc.

I dati possono essere visti, comparati e condivisi con un tablet, usando una connessione wireless con la CCU di YZF-R1, in modo da analizzare le gare precedenti o le sessioni in pista e modificare la guida di conseguenza. Scaricando un’app, i settings possono essere cambiati via wireless in modo rapido e facile.

Il Design della nuova Yamaha YZF-R1M 2015

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

La YZF-R1M è praticamente uguale, nella linea, alla YZF-R1 2015 standard. Ovviamente, per sottolineare la sua anima ancora più racing, deve affidarsi ad alcuni dettagli che la rendono ancora più esclusiva. Troviamo qui infatti la carena, il parafango anteriore e il coprisella in carbonio rivestito da un film trasparente, mentre alcune sezioni nella parte superiore, centrale ed inferiore hanno una speciale verniciatura silver con effetto metallico, con accenti racing blue in tinta con i cerchi in stile YZR-M1 dello stesso colore.

La nuova Yamaha YZF-R1M è dotata poi di serbatoio in alluminio spazzolato con rivestimento trasparente, con dettagli carena verniciate in ‘silver’, mentre il forcellone con capriata di rinforzo è anch’esso in alluminio spazzolato (ed in contrasto con la verniciatura nera del forcellone di YZF-R1 2015). Pinze freno e steli forcella ricevono un’esclusiva colorazione oro.

Pregi & Difetti Yamaha YZF-R1M 2015

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Piace

Perfetta simbiosi motore e ciclistica
Performance generali

Non Piace

Supporto posteriore della sella troppo distante per appoggiarsi nelle accelerazioni
Finitura spartana della pancia dello scarico

Scheda Tecnica Yamaha YZF-R1 2015

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Motore
Tipo motore: 4 cilindri frontemarcia, raffreddato a liquido, 4 tempi, 4 valvole, DOHC
Cilindrata: 998 cc
Alesaggio per corsa: 79,0 x 50,9 mm
Rapporto di compressione: 13,0:1
Potenza massima: 147,1 kW (200CV) @ 13.500 giri/min
Coppia massima: 112,4 Nm (11,5 kg-m) @ 11.500 giri/min
Lubrificazion:e Lubrificazione forzata, bagno d’olio
Alimentazione: Iniezione elettronica
Frizione: Dischi multipli, in bagno d’olio
Accensione: TCI
Avviamento: Elettrico
Trasmissione: Sempre in presa, 6 marce
Trasmissione finale: Catena
Rapporto di trasmissione primario: 67 / 41 (1.634)
Rapporto di trasmissione secondario: 41 / 16 (2.536)
1 marcia 39 / 15 (2.600)
2 marcia 37 / 17 (2.176)
3 marcia 35 / 19 (1.824)
4 marcia 30 / 19 (1.579)
5 marcia 29 / 21 (1.381)
6 marcia 30 / 24 (1.250)

Ciclistica
Telaio: Deltabox in alluminio
Sospensione anteriore: Forcella telescopica a steli rovesciati, ø 43 mm
Escursione ruota anteriore: 120 mm
Sospensione posteriore: Forcellone oscillante, leveraggio progressivo monoammortizzatore completamente regolabile
Escursione ruota posteriore: 120 mm
Angolo inclinazione cannotto di sterz:o 24°
Trail: 102 mm
Freno anteriore: Doppio disco, idraulico, ø 320 mm
Freno posteriore: Disco singolo, idraulico, ø 220 mm
Pneumatico anteriore: 120/70 ZR17M/C (58W) – Pirelli Diablo Super Corsa SP
Pneumatico posteriore: 190/55 ZR17 M/C (75W) – Pirelli Diablo Super Corsa SP

Dimensioni
Lunghezza: 2.055 mm
Larghezza: 690 mm
Altezza: 1.150 mm
Altezza sella: 855 mm
Interasse: 1.405 mm
Altezza minima da terra: 130 mm
Peso in ordine di marcia*: 199 kg
Capacità serbatoio carburante: 17 litri
Quantità olio motore: 3,9 litri
*compresi serbatoi olio e carburante pieni.

I dati tecnici sono soggetti a modifiche senza preavviso.

Scheda Tecnica Yamaha YZF-R1M 2015

Yamaha YZF-R1 & YZF-R1M 2015: il test di Motoblog

Motore
Tipo motore: 4 cilindri frontemarcia, raffreddato a liquido, 4 tempi, 4 valvole, DOHC
Cilindrata: 998 cc
Alesaggio per corsa: 79,0 x 50,9 mm
Rapporto di compressione: 13,0:1
Potenza massima: 147,1 kW (200CV) @ 13.500 giri/min
Coppia massima: 112,4 Nm (11,5 kg-m) @ 11.500 giri/min
Lubrificazione: Lubrificazione forzata, bagno d’olio
Alimentazione: Iniezione elettronica
Frizione: Dischi multipli, in bagno d’olio
Accensione: TCI
Avviamento: Elettrico
Trasmissione: Sempre in presa, 6 marce
Trasmissione finale: Catena
Rapporto di trasmissione primario: 67 / 41 (1.634)
Rapporto di trasmissione secondario: 41 / 16 (2.536)
1 marcia 39 / 15 (2.600)
2 marcia 37 / 17 (2.176)
3 marcia 35 / 19 (1.824)
4 marcia 30 / 19 (1.579)
5 marcia 29 / 21 (1.381)
6 marcia 30 / 24 (1.250)

Ciclistica
Telaio: Deltabox in alluminio
Sospensione anteriore: Forcella telescopica a controllo elettronico Öhlins, ø 43 mm
Escursione ruota anteriore: 120 mm
Sospensione posteriore: Forcellone oscillante, leveraggio progressivo, monoammortizzatore a controllo elettronico Öhlins
Escursione ruota posteriore: 120 mm
Angolo inclinazione cannotto di sterzo: 24°
Trail: 102 mm
Freno anteriore: Doppio disco, idraulico con pinze monoblocco, ø 320 mm
Freno posteriore: Disco singolo, idraulico, ø 220 mm
Pneumatico anteriore: 120/70 ZR17M/C (58W) – Bridgestone Race
Pneumatico posteriore: 190/55 ZR17 M/C (75W) – Bridgestone Race

Dimensioni
Lunghezza: 2.055 mm
Larghezza: 690 mm
Altezza: 1.150 mm
Altezza sella: 860 mm
Interasse: 1.405 mm
Altezza minima da terra: 130 mm
Peso in ordine di marcia*: 200 kg
Capacità serbatoio carburante: 17 litri
Quantità olio motore: 3,9 litri
*compresi serbatoi olio e carburante pieni.

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