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Kawasaki Vulcan S 2015: prova su strada

Kawasaki ha sorpreso senza farsi troppo notare con la nuova Vulcan S, presentata a EICMA: una urban cruiser facile da guidare e adatta a chi muove i primi passi su una moto. Nonostante il nome, prende le distanze dalla tradizionali custom della casa giapponese.

La famiglia Vulcan di Kawasaki nacque nel lontano 1984 con la cilindrata 750 e si è sviluppata in seguito in diverse cubature, fino a formare la gamma odierna, composta essenzialmente da sei modelli, di cui due con cilindrata 900 e ben quattro con 1700 centimetri cubici di pura coppia. In comune l’architettura del motore a V (di 52° per la 1700, 55° per la 900), con distribuzione monoalbero a 4 valvole per cilindro.

Questo almeno fino a oggi, perché in gamma entra la Vulcan S, a cui la casa giapponese ha “raddrizzato” i cilindri mettendoli paralleli. Operazione tutto sommato piuttosto semplice, anche se non poco audace, montando il bicilindrico già utilizzato su Versys 650, ER-6n e ER-6f, opportunamente modificato. Apparentemente poteva sembrare più logico il trapianto dal modello W800, ma Kawasaki ha deciso di utilizzare un propulsore di cilindrata inferiore ma più performante, con una dozzina di cavalli in più, e soprattutto più “giovane”, visto il target a cui è dedicato questo nuovo modello.

A ben guardare non si tratta però di un azzardo mai tentato prima d’ora. Esistono infatti diversi precedenti, il più celebre dei quali è avvenuto nel 1990 con la EN500, che ricevette il bicilindrico della GPZ500S, in seguito montato anche sulla KLE e sulla ER-5, a sua volta ricavato dal 4 cilindri della GPZ 1000RX. Guarda caso anche a quell’epoca si trattava di una facile “sportiva” che donò il suo propulsore da 50 cavalli. Ancor prima ci fu la sua antenata EN450 del 1985, che invece utilizzava il motore quattro cilindri della GPZ900R “dimezzato”.


Un quarto di secolo dopo il trapianto si ripete su un mezzo totalmente nuovo che si pone come entry level della famiglia Vulcan. Nel suo nome “commerciale” non è presente la cilindrata, 650 cc, ma è seguito da una S, che potrebbe benissimo stare per Sport, viste le sue attitudini. Nonostante questo si adatta benissimo al pubblico per cui è destinata, quello dei neofiti e quello femminile. meglio chiarirlo da subito. Non è per gli smanettoni e nemmeno per i biker più radicali.

Si affaccia su un mercato dove al momento non sono moltissime le proposte, almeno considerando solo il segmento custom/cruiser. Una tra tutte è sicuramente la Harley-Davidson Street 750, che condivide con la giapponese solo la filosofia di moto facile per chi inizia. E proprio come l’americana, la Vulcan S non è nemmeno “targetizzata” per il motociclista di ritorno over 40, che sicuramente sarà più portato a scegliere una 883 nel caso del listino H-D o una Vulcan 900 rimanendo in casa Kawasaki. Nota positiva il prezzo, 6.890 euro, 7.290 euro per la versione con ABS.

Estetica e design

La prova su strada della Kawasaki Vulcan S
Non chiamatela VN, da tempo infatti anche in Europa le custom e cruiser di Akashi hanno perso questa fredda sigla in favore di quella in uso da sempre negli Stati Uniti, Vulcan. Non chiamatela nemmeno custom, questo appellativo è infatti riservato alle 900 e 1700. Chiamatela piuttosto Urban Cruiser, anche se questa definizione va un po’ stretta alla nuova piccola Kawasaki e al suo vigoroso motore.

I puristi del bicilindrico a V storceranno un po’ il naso di fronte a quel parallelo frontemarcia, che a dire il vero non è l’unica “anomalia”. A fargli compagnia ci sono un telaio perimetrale con monoammortizzatore laterale, come sulle sue donatrici, una coppia di grintosi cerchi in lega con disegno a cinque doppie razze, la trasmissione finale a catena invece che a cinghia o ancora il caratteristico scarico sotto il motore. Il bicilindrico si sposa comunque bene con il telaio e la carrozzeria, tanto da sembrare, almeno dal punto di vista estetico, un motore diverso da quello di ER e Versys, merito anche del trattamento sulle teste che lo fa assomigliare a un “air cooled”.

La carrozzeria è senza dubbio originale. Anche il faro anteriore, potete provare a trovare delle similitudini con quello del V-Rod o della Brutale, ma invano, la sua forma è inedita. Se non si è abituati alle custom dure e pure, la linea sinuosa e moderna della Vulcan S si “digerisce” bene, nonostante, o forse proprio per questo, il codino con luce a LED, che se fosse privato del portatarga sarebbe un pezzo davvero bello a vedersi, o i filetti sui cerchi, fin troppo sportivi.


Riguardo alle colorazioni, il Pearl Crystal White sembra l’ideale per il pubblico femminile, così come il Metallic Royal Purple, quest’ultima abbinata ai filetti dei cerchi argento invece che al solito verde, che su questa cruiser a dire il vero stona parecchio. I maschietti preferiranno sicuramente il Flat Ebony, anche se ha la fastidiosa tendenza a fissare le ditate sulla sua superficie e l’effetto opaco non è molto marcato, perdendo molto del suo fascino. È consigliabile un po’ di cromoterapia, anche se è vero che quando si parla di colorazioni custom non si può non pensare a quelle della Casa di Milwaukee, che per altro sulla sua Street 750 non si è impegnata più di tanto.

Nel lungo elenco di accessori, alcuni sono dedicati a modificare l’estetica, come il manubrio cromato, i coperchio della frizione nero o cromato o i coperchi per scarico e terminale. Tutti promossi per il look, tranne forse le decalcomanie per il serbatoio, che fanno un po’ tamarro e altro non sono che dei semplici adesivi.

Tecnica

La prova su strada della Kawasaki Vulcan S
Come accennato il motore è il già noto e collaudato bicilindrico parallelo da 649 cc 8 valvole raffreddato a liquido della casa di Akashi, lo stesso che già equipaggia le facili Versys 650 e i modelli ER-6n/f. Cambiano a dire il vero diversi dettagli, che proprio dettagli non sono.

Rispetto alle versioni montate sulla enduro e sulla stradale, che pure tra loro differiscono, il propulsore della Vulcan è stato modificato nei condotti e adotta un differente albero motore, oltre che un albero a camme dal profilo diverso, un volano più pesante del 20% e naturalmente lo scarico dal design accattivante e in veste total black opaca, come la moda impone. Le modifiche non finiscono qui ma sono tutte volte ad aumentare l’erogazione e la coppia ai bassi.

Con questa configurazione la casa nipponica dichiara 61 CV a 7.500 giri (11 in meno della ER e 8 della Versys, a 1.000 giri più in basso) e 63 Nm di coppia massima a 6.600 giri, più o meno lo stesso valore della altre due Kawasaki ma a 400 giri più in basso. Disponibile ovviamente anche le versione depotenziata, con i canonici 35 kW (48 CV) di potenza a 6.600 giri e 53 Nm di coppia a 5.600 giri.


Il telaio è di tipo perimetrale a tubi in acciaio, mentre il resto della ciclistica è un connubio tra semplicità e praticità: la forcella ha gli steli da 41 mm, mentre il mono posteriore è regolabile su 7 posizioni. Un solo disco davanti da 300 mm e un posteriore da 250 mm, ABS opzionale. Alla Vulcan tutto questo basta per andare in strada con sicurezza.

Un grande sforzo è stato fatto sul piano dell’ergonomia. La Vulcan S si adatta a guidatori di tutte le taglie. La versione standard è pensata per chi ha un’altezza compresa tra 1.75 e 1.83, ma si possono scegliere altre due configurazioni diverse, per chi è più basso e per chi è più alto.

Attenzione però: non si tratta di modifiche “fai da te” da attuare ogni qualvolta si presta la moto alla fidanzata, benché siano totalmente reversibili. In pratica al momento dell’acquisto la sella può essere richiesta arretrata o ravvicinata di 53 mm. Il manubrio invece richiede solo il riposizionamento più avanti o indietro, che si traduce con una distanza dalle manopole di 44 mm in più o in meno, modifica effettuabile anche sulle leve, mentre per quanto riguarda le pedane bisogna “sbullonare” quelle standard e riposizionarle, in questo caso di 25 mm più avanti o indietro, previo acquisto di un differente rinvio del cambio, più lungo o più corto.

Con queste premesse, vediamo ora come si comporta su strada con un tester di 1.89, dal peso “piuma” di un quintale con attitudini enduristiche e una smodata passione per le custom con motore a V.

Guida

La prova su strada della Kawasaki Vulcan S
La sella alta da terra 705 mm facilita l’approccio. Difficile trovare sul mercato modelli con selle più basse, solo la H-D Superlow con i suoi 695 mm riesce a far di meglio, ma sulla Vulcan S l’ergonomia è studiata alle giapponese. Grazie al motore con meno ingombri infatti si appoggiano facilmente a terra i piedi, perché anche la larghezza della moto in zona gambe può pregiudicare o migliorare questo aspetto e per quanto riguarda la Kawasaki siamo decisamente nel secondo caso.

C’è da dire che anche la posizione standard risulta confortevole per guidatore più alti dei fatidici 1.83. Da questo punto di vista la Vulcan ha davvero centrato l’obiettivo. Peccato solo che la sella manchi di quel centimetro di imbottitura in più che aumenterebbe il comfort e ridurrebbe le vibrazioni in rilascio, avvertibili ma mai troppo fastidiose.

Per una cruiser il sound allo scarico è un po’ il biglietto da visita. Nonostante gli ormai restrittivi limiti, Kawasaki è riuscita a tirare fuori una voce discreta, sia al minimo che quando il motore sale di giri. Di più non si poteva proprio fare.


Il motore è una vera sorpresa. Non bisogna cercare la coppia da camion dei propulsori a V di ben maggiore cubatura, ma si riprende in sesta anche da 2.000 giri, certo non senza qualche incertezza o borbottio, che per altro fanno molto “custom”, ma una volta superata la soglia dei 3.000 giri la progressione è a dir poco entusiasmante, compatibilmente con le prestazioni, tanto da spingere tranquillamente fino a 9.000 giri, regime severamente vietato alla maggior parte delle custom a corsa lunga.

Grazie anche alla configurazione “parallela” aumentano le prestazioni ma diminuiscono i consumi. Con la Vulcan S è facile fare anche più di 20 chilometri con un litro, che si traducono in un’autonomia da big cruiser che sfiora i 300 km.

Anche la ciclistica è pensata per un utente poco specializzato. Sui modelli custom, le ruote anteriori sono “libere”, nel senso della misura del diametro: si passa infatti dai 16 ai 21 pollici e anche Kawasaki non fa eccezione, basti pensare alla Vulcan 900 Classic, con pneumatico anteriore 130/90-16 e alla versione Custom che invece monta un 80/90-21, accoppiati entrambi a un posteriore da 180/70-15.


Sulla Vulcan S si è scelta invece una via di mezzo, con l’anteriore da 120/70 su cerchio da 18 e il posteriore da 160/60-17, misura adottata guarda caso anche sulla ER e sulla Versys 650, che porta a un comportamento su strada più “neutro” e gestibile anche da chi non è un pilota smaliziato.

L’avantreno infatti è un buon compromesso tra stabilità, non eccezionale solo ad andature non previste dal codice, e maneggevolezza in città, indispensabile quando si gestisce una moto che comunque ha un interasse di oltre un metro e mezzo. La Vulcan S è più corta di quasi 10 cm (95 mm per l’esattezza) rispetto alla 900, mentre il suo interasse è minore di 7 cm. Quest’ultimo risulta però ben superiore a quello della Versys e della ER rispettivamente di 1.415 e 1.410 mm.

Le misure da cruiser quindi ci sono tutte, ma a dispetto di queste quote la Vulcan S entra ed esce dalle curve rapida e senza mai impensierire, con solo un lieve e “fisiologico” sottosterzo in ingresso curva, che impone di anticipare un po’ la piega. Nonostante quindi la lunghezza e l’interasse non siano quelle di una sportiva, anche l’utente più esperto avrà di che divertirsi prima di arrivare a grattare le pedane.


I freni non impressionano per mordente, soprattutto il posteriore, ma proprio per questo si evitano a un guidatore un po’ “all’arrembaggio” pinzate pericolose. Anche l’ABS ha un intervento poco invasivo e, soprattutto sulla leva, non si avvertono le tipiche pulsazioni. A questo proposito, anche se il 90% delle Vulcan importate in Italia saranno con ABS, interessante è anche l’opzione “senza” che permette di risparmiare 400 euro scendendo sotto al tetto dei 7.000 euro, senza per altro doversene pentire più di tanto.

Ancora più sorprendente il lavoro delle sospensioni. L’avantreno non è regolabile ma la taratura fornisce un ottimo confort senza per altro causare gli affondamenti tipici della forcelle economiche, nonostante l’ampia escursione di 130 mm, e soprattutto senza fastidiosi trasferimenti di carico, per la cui assenza si ringrazia anche l’impianto frenante di cui sopra. Al retrotreno invece l’ammortizzatore copia bene le asperità ma soprattutto sulla Vulcan ci si dimentica completamente delle classiche botte sulla schiena ogni qualvolta si prende una buca, caratteristica che affligge la maggior parte della custom “rasoterra”, merito anche di una escursione non troppo ridotta pari a 80 mm.

Tornando al capitolo sicurezza, anche sul bagnato, una volta tanto i pneumatici Dunlop si comportano in maniera onesta, contrariamente a quelli montati sulle altre Vulcan, anche se c’è da dire che in questo caso si tratta dei più performanti Dunlop Sportmax D220 e non dei “legnosi” D404 montati sulla 900. Insomma la Vulcan piace più in movimento che da fermo. La sua linea affusolata non piacerà a tutti, ma in sella ci si trova a proprio agio e in questo caso anche a dispetto delle dimensioni fisiche del guidatore.


C’è tempo per studiare i dettagli e le pecche: la strumentazione ha una grafica semplice ma intuitiva. Un po’ spartana e “plasticosa” nell’aspetto, è priva dei comandi al manubrio costringendo a schiacciare i pulsanti di gomma sul cruscotto. Sul modello in prova erano presenti due interessanti accessori: l’indicatore della marcia, a caratteri cubitali, che ricorda un po’ le shift light delle auto tuning, sarà sicuramente apprezzato da chi sta ancora imparando che “la prima è in giù e tutte le altre in su”, mentre sul lato opposto una presa di corrente permette di collegare navigatore o altro.

Fra gli altri accessori consigliabili anche il portapacchi con sissy bar, in metallo e non in plastica, mentre se avete intenzione di fare qualche viaggetto tornano utili il parabrezza e le borse, con chiusura antifurto, i cui attacchi però non ci sono piaciuti molto, troppo lunghi e visibili, col risultato che la linea posteriore si allarga un po’ troppo.

Tra i difetti, in tutta questa perfezione giapponese stona solo il clacson montato come spesso avviene a mo’ di “fendinebbia”, così come gli specchietti di fattura un po’ economica, poco stabili e dalla “svitata” facile e la bulloneria a vista, soprattutto nella zona delle pedane, scotto da pagare per la loro regolazione.


L’estetica complessiva non ci ha ancora convinti del tutto. Sembra un po’ che in un primo momento si stesse pensando a una classic, per poi deviare a metà dell’opera verso una cruiser. La scommessa per Kawasaki ora è questa: aver azzeccato o meno una linea che possa piacere a un pubblico giovane e modaiolo, dai gusti spesso difficili e soggetti a repentini cambiamenti, soprattutto nel caso delle ragazze. Per il resto questa Vulcan appare indovinata in ogni suo aspetto e portatrice sana di un carattere personale e di divertimento in totale sicurezza.

Pregi e difetti

La prova su strada della Kawasaki Vulcan S
Piace
Motore
Prestazioni
Ergonomia
Ciclistica
Consumi

Non piace
Comfort sella
Finiture solide ma spartane
Specchietti retrovisori

Scheda Tecnica

La prova su strada della Kawasaki Vulcan S
MOTORE
Tipo: bicilindrico parallelo, 4 tempi, raffreddato a liquido
Cilindrata: 649 cc
Alesaggio x corsa: 83,0 x 60,0 mm
Rapporto di compressione: 10,8:1
Distribuzione: DOHC, 8 valvole
Lubrificazione: forzata, scarico con coppa a semi-secco
Alimentazione: iniezione elettronica con due corpi farfallati Ø 38 mm
Accensione: digitale
Avviamento: elettrico

TRASMISSIONE
Primaria: a ingranaggi
Finale: a catena
Rapporto di trasmissione finale: 46/15 (3,067)
Frizione: multidisco in bagno d’olio a comando meccanico
Cambio: a 6 rapporti

CICLISTICA
Telaio: perimetrale, in acciaio ad alta resistenza
Sospensione anteriore: forcella telescopica Ø 41 mm
Escursione ruota anteriore: 130 mm
Sospensione posteriore: forcellone oscillante con monoammortizzatore disassato regolabile nel precarico
Escursione ruota posteriore: 80 mm
Inclinazione cannotto sterzo: 31°
Avancorsa: 120 mm
Cerchi: in lega d’alluminio a 5 razze sdoppiate da 18×3.5” e 17×4.5”
Freni: anteriore disco singolo Ø 300 mm con pinza a doppio pistoncino; posteriore disco Ø 250 mm con pinza a pistoncino singolo, ABS opzionale
Pneumatico anteriore: 120/70R18M/C 59H
Pneumatico posteriore: 160/60R17M/C 69H

DIMENSIONI
Lunghezza: 2.310 mm
Larghezza: 880 mm
Altezza: 1.100 mm
Altezza sella: 705 mm
Interasse: 1.575 mm
Altezza minima da terra: 130 mm
Peso in ordine di marcia: 225 kg (228 kg con ABS)
Capacità serbatoio carburante: 14 litri

PRESTAZIONI
Potenza massima: 45 kW (61 CV) a 7.500 giri/minuto; versione depotenziata 35 kW (48 CV) a 6.600 giri/minuto.
Coppia massima: 63 Nm (6,4 kgm) a 6.600 giri/minuto; versione depotenziata 53 Nm (5,4 kgm) a 5.600 giri/minuto

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