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Motociclismo in lutto, addio a “Gibì” Marcheggiani

Motociclismo in lutto per la morte di Giovanbattista Marcheggiani

Pochi giorni fa, Giovanbattista Marcheggiani, giornalista di rara competenza e profonda passione per il motociclismo, ci ha lasciati all’età di 86 anni. “Gibì” faceva parte della seconda generazione dei giornalisti dopo i grandi “pionieri” quali Gino Magnani e Arturo Coerezza (fondatore e direttore della rivista Motociclismo), era stato con De Deo Ceccarelli l’ideatore della pagina dei motori del quotidiano bolognese Stadio e per decenni la sua firma siglò da redattore e da inviato tutti i servizi sul motociclismo del grande giornale emiliano.

Io, 16enne inviato del quotidiano l’Unità, l’ho conosciuto il 19 marzo 1965, lui allora 40enne, all’autodromo di Modena per l’apertura stagionale del campionato italiano di velocità seniores. Quel giorno, debutto di Agostini sulla MV Agusta 500, “Gibì” mi insegnò a dettare il pezzo al giornale attraverso la “reversibile” con un (solo) telefono collocato su una cassetta di legno all’aperto.

Per anni, poi, ci siamo frequentati e per me 20enne direttore del nuovo periodico TuttoMoto (Editore Giancarlo Morbidelli), fu un onore avere Gibì, insieme all’inseparabile amico Ezio Pirazzini, quale opinionista della “mia” rivista stampata a Bologna nella sede de Il Resto del Carlino e Stadio. “Gibì” fu anche capo ufficio stampa del mio primo Moto Pesaro show fatto con la FMI a metà anni 80, evento che ci permise di approfondire l’amicizia e il motociclismo dell’epopea de “I giorni del coraggio”. Quando nel 1970 il direttore di Autosprint Marcello Sabbatini mi affidò l’ideazione del progetto per la nascita di Motosprint, fui consigliato e spronato proprio da Marcheggiani e da Pirazzini.

Amante della buona cucina, ci si incontrava, specie in inverno, a Pesaro, a Riccione, con Amedeo Ronci e Goffredo Tempesta, grandi organizzatori di corse indimenticabili e a Imola con Checco Costa, negli anni delle mitiche 200 Miglia e dei mondiali prima dell’era Dorna.

Uomo mite, rigoroso, aperto, gentile, colto, “Gibì” non parlava mai per primo, non alzava mai la voce. Poi diceva la sua, non solo su Agostini e Pasolini, sulla MV Agusta e sulla Benelli ma anche su Pascoli e Carducci, su Verdi e Rossini, su Pavarotti e la Callas e si faceva ascoltare per lungo tempo. Sapeva far parlare i fatti e sapeva interpretarli e raccontarli, sapeva dialogare, oltre che scrivere, scarno, senza fronzoli, sempre documentato, tempi alla mano, giri del motore, coppie, hp, metri delle staccate.

Come me, amava poco la tribuna e la sala stampa, così andavamo spesso insieme nelle curve, sui circuiti cittadini e a Imola, a Modena, a Monza, a Spa, a Salisburgo, ad Assen, a Le Mans, a misurare una staccata, a capire i motivi di un sorpasso, i perché di una caduta. Ironico, mai dedito al gossip, giornalisticamente fu con Ezio Pirazzini il migliore interprete della “mototemporada” romagnola, l’indimenticabile carosello di corse, l’epopea Made in Italy che per molti anni fu una pietra miliare del motociclismo tricolore e internazionale facendo battere il cuore degli appassionati de “e mutor”.

Ciao Gibì, salutami e salutaci Ezio e tutti gli amici che hanno fatto del motociclismo la loro “particolare” ragione di vita.

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