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TEST Aprilia RSV4 R APRC 2011

Abbiamo testato la nuova Aprilia RSV4 R APRC sulla pista di Adria. Ecco come va


Parliamo di nuovo di Aprilia, e parliamo di nuovo di RSV4. La supersportiva di Noale è nata da poco più di due anni ma è diventata un instant classic, una moto che in brevissimo tempo si è infilata in una fetta di storia del motociclismo nazionale e degli annali sportivi, essendo la prima moto Aprilia ad aver vinto un mondiale Superbike. Con la versione RSV4 R APRC si porta avanti un progetto vincente.

A volte ci si trova davanti a moto paragonabili ad opere astratte di infinita bellezza e dalle molteplici chiavi di lettura. La caotica perfezione di un quadro di Mirò si avvicina al concetto di molte crossover poliedriche che fanno del trasformismo un successo, come le più recenti enduro stradali o le attuali maxinaked. In Aprilia, invece, l’opera non abbraccia vie di mezzo, ed è chiara e diretta come un Caravaggio o un quadro di Michelangelo: la pura ricerca della perfezione.

RSV4 R è la proposta più bassa della gamma V4 con i semimanubri, ora aggiornata con il pacchetto elettronico APRC, che abbiamo avuto modo di apprezzare (e in qualche modo osannare) nella versione Factory APRC Special Edition. Le sigle da ricordare sono quattro: ATC, AWC, ALC e AQS, che stanno per Aprilia Traction Control, Aprilia Wheelie Control, Aprilia Launch Control e Aprilia QuickShift. Per chi non bazzica ad Albione parliamo di controllo di trazione, anti-impennata, partenza assistita e cambio elettronico.

TEST Aprilia RSV4 R APRC
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Prontogara

Di teoria ne abbiamo assai parlato, e questa non cambia: come gli altri modelli della serie dotati di Aprilia Performance Riding Control, il pacchetto elettronico è l’elemento più racing che possiate mai trovare in una moto omologata per la strada. Le differenze con la moto campione del mondo di Max Biaggi sono meno di quante possiate immaginare e le performance che questa moto può regalare sono ai livelli di una Superbike di pochi anni fa.

La componentistica sciccosa della Factory SE lascia il posto ad una più “popolare” serie di elementi ciclistici e materiali non pregiati che aumentano leggermente il peso e diminuiscono l’esclusività, senza cambiare però il comportamento globale del mezzo che rimane un animale prontogara. Per intenderci, basta togliere frecce, specchi e targa e potrete iscrivervi ad un campionato endurance senza sfigurare troppo, o eliminando anche i fari per competere ad ottimi livelli in un Alpe Adria.

Certo, non abbiamo sospensioni Ohlins e c’è plastica al posto del carbonio, ma se siete degli amatori e non piloti professionisti, andrete forte allo stesso modo, poichè anche la Showa anteriore e il Sachs posteriore sono regolabili in toto. La differenza maggiore fra la pregiata SE e la R (in termini di precisione di guida e performance) è riservata ai cerchi, leggerissimi e forgiati sulla Factory, capaci di dare più maneggevolezza e rigore direzionale limitando l’effetto giroscopico, ma dal prezzo di listino decisamente non in linea con l’offerta base.

Come va?

Questa domanda ce la facciamo sempre nei nostri test, ma qui suona retorica: è ovvio che questa moto va DA DIO. Abbiamo avuto modo di passare una giornata intera sul circuito di Adria, che abbiamo trovato tanto inadeguato a saggiare le performance velocistiche della moto quanto adeguato a mettere alla frusta i controlli elettronici. Adria è un circuito lento, tortuoso e dalla caratteristica “stop & go” con staccate e ripartenze; terreno ideale per giocare con il traction control.

L’impressione che abbiamo avuto scesi dalla moto dopo il primo turno è sempre la più importante e influenza la valutazione di tutti gli altri aspetti. Questa volta, scesi dalla moto dopo meno di 10 giri abbiamo pensato – oltre al consueto “che figata bestiale!” – che ci troviamo di fronte ad una moto professionale, una bestia riservata al pilota esperto che sa bene cosa vuol dire andare forte in moto.

Il principio è proprio quello della moto da gara: una macchina creata per essere efficiente al massimo sui percorsi cronometrati e non una moto che metta a proprio agio tutti indistintamente, e che faccia divertire il neofita così come il navigato pistaiolo. Questo significa che l’impatto iniziale potrebbe sembrare non esaltante e un po’ ostile, ma nel giro di poche curve ci si rende conto di quanto questa moto apparentemente infingarda sia invece un elemento progettato per spostare in alto l’asticella della vostra performance, e richiede costante concentrazione dal primo all’ultimo metro di tracciato.

Precisione millimetrica dell’anteriore in ingresso di curva, appoggio stabile e una spinta praticamente infinita in uscita . La lancetta del contagiri schizza in alto con una velocità impressionante e la ciclistica scarica con efficienza le tonnellate di coppia motrice che si trasferiscono sull’asfalto. Per farvi capire cosa avete sotto il culo, vi diciamo solamente che all’Adria International Raceway è impossibile tenere la quarta per più di 1 secondo, e potrete infilarla solo a fine rettilineo.

Inoltre abbiamo riscontrato diversi comportamenti delle gomme a seconda delle temperature dell’asfalto. La mattina ad inizio turno l’aria della campagna rodigina era intorno ai 25° e l’asfalto di Adria sotto i 40. Le Michelin Pilot Power One 2CT, precedentemente riscaldate con le termocoperte, hanno lavorato egregiamente fino a quando l’atmosfera ha superato i 30° e l’asfalto i 47°. Con queste temperature la precisione della ciclistica veniva meno per scivolamenti all’anteriore e al posteriore soprattutto a gas chiuso in percorrenza. In sostanza, le gomme sono andate in crisi ma di cedimenti o incertezze ciclistiche nemmeno l’ombra, perciò plauso ad Aprilia che ha anche in questo contesto evidenziato la bontà del pacchetto sospensivo.

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Aprilia RSV4 R APRC 2011
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APRC all’opera

Inadeguatezza del tracciato all’esuberanza della moto vuol dire anche un ottimo banco prova per i controlli elettronici. In una pista sottodimensionata rispetto alla moto che andiamo a testare, sarà ovvio riscontrare un comportamento più nervoso di meccanica e ciclistica se si va a cercare la prestazione velocistica. Quel che già è difficile da sfruttare al 100%, diventerà impossibile da sfruttare, e si farà il doppio della fatica fisica e mentale per mantenere ritmi alti. Ad aiutarci arriva l’APRC.

L’ATC è tarato su 8 posizioni, e anche se sembrano tante non pensiate che sia difficile trovare quella giusta. Più cresce il numero più il controllo si fa invasivo, e in condizioni di asfalto asciutto ci sentiamo di sconsigliare l’utilizzo delle 3 mappe finali, ovvero la 6, 7 e 8, dedicate a situazioni di suolo viscido in quanto molto invasive.

Le prime 5 sono un’esperienza da affrontare con calma e secondo il vostro stile di guida e percezione di grip al posteriore. In una giornata di gran caldo come quella affrontata da noi, e con un treno di Michelin Pilot Power One sui cerchi, abbiamo gradito molto gli step 3 e 4, non invasivi e capaci di entrare nel momento giusto senza inficiare l’accelerazione che il nostro polso destro ha deciso di dare. La potenza viene tagliata in modo preciso, tenendo conto di molti parametri come giri del motore, velocità, apertura farfalle ed angolo di piega: non esistono sul mercato altri TC così precisi ed evoluti.

Il QuickShift è una manna dal cielo, qualsiasi ritmo voi stiate sostenendo. La possibilità di cambiare velocemente riducendo le azioni meccaniche del nostro corpo per salire di marcia rende la guida meno faticosa, più redditizia e ci lascia concentrati nella guida. I tempi morti fra una marcia e l’altra quasi spariscono e senza mollare il gas non si perde accelerazione. Ovviamente se vi capiterà di utilizzare questa moto su strada, la cambiata assistita sarà totalmente inutile e potrebbe anche dare fastidio a qualcuno poichè snatura l’istintivo stile che ognuno di noi ha nella conduzione spensierata e rilassata della moto.

AWC, controllo dell’impennata, grande supporto alla guida quasi quanto i due appena citati. In uscita di curva non dovrete preoccuparvi di mettervi la moto per cappello, e come succede per il traction control, la potenza tagliata e l’intervento elettronico è poco percettibile, ma la prua della vostra RSV4 torna giù con rapidità fino ad incollarsi nuovamente all’asfalto.

Launch Control? non abbiamo avuto modo di testarlo (in pista non è proprio indicatissimo fermarsi e fare prove di partenza) così come è statoimpossibile testare una mappa diversa da quella “Race” avendo utilizzato la moto solamente in pista. Con 3 elementi dell’APRC sfruttati a fondo e testati nelle condizioni più favorevoli, possiamo promuovere la RSV4 R APRC come migliore sportiva race-ready del mercato, seconda solo alla versione Factory SE ma inquadrata in un listino molto più vicino alla concorrenza giapponese ed europea.

Un po’ di tecnica

La RSV4 va forte perchè racchiude i concetti puri delle moto da corsa. In fase di progettatazione si è deciso di creare una sportiva che massimizzasse l’efficienza in pista, sacrificando molti aspetti che rendono la moto omologata per la circolazione stradale. Poco importa se la maggior parte degli utenti la utilizzeranno solo su strada, perchè la massima ricerca delle prestazioni è ben apprezzata dal target al quale si rivolge.

La difficoltà maggiore, piuttosto, è stata quella di mutuare il dna racing offrendo un prodotto ben rifinito, affidabile e non estremamente delicato. Questo è un merito degli ingegneri Aprilia che hanno creato un vero e proprio gioiellino. Le caratteristiche ciclistiche sono la più concreta giustificazione al perchè di queste performance:

La moto vanta un telaio doppio trave che è figlio di un’esperienza ventennale nella costruzione di strutture portanti in alluminio. Le due bretelle che abbracciano il blocco bicilindrico anteriore aumentano la rigidità torsionale e incassano il motore all’interno dei travi. Il forcellone posteriore è un pezzo d’arte moderna, e unisce un braccio di leva piuttosto elevato (ma non estremamente) ad una struttura massiccia e leggera in alluminio.

Un cannotto di sterzo piuttosto “in piedi” favorisce la reattività della moto e contribuisce alla riduzione dell’avancorsa. L’angolazione del perno è di 24,5° (non regolabile nella versione R) e l’interasse è contenuto in 1420mm con dimensioni globali paragonabili a quelle di una 250GP. Ma non c’è telaio che funzioni bene senza sospensioni all’altezza.

Dimenticatevi i tempi in cui Ohlins era l’unica scelta sensata e tutte le altre aziende erano costrette ad arrancare con tecnologie antiquate. I livelli di performance per le moto non professionistiche si sono equiparati negli anni e non storcete il naso davanti alla Showa anteriore da 43mm della RSV4: è una forcella al top, dal feeling immediato e dall’efficienza puramente racing in entrata ed uscita di curva. 120mm classici di escursione e regolazioni pressochè infinite.

Per il mono posteriore della Sachs vale lo stesso discorso. Elemento già collaudato nella versione senza controlli del V4 e capace di lavorare ottimamente con la gommona da 190mm posteriore e i 115Nm di coppia da scaricare per terra. Il segreto, probabilmente, è proprio l’equilibrio fra i vari elementi ciclistici, che ad ogni sconnessione dell’asfalto e ad ogni perdita di aderenza delle gomme sanno trasmettere fedelmente e con sicurezza le informazioni al pilota. Come già descritto, il pacchetto è di un rigore assoluto, difficile da portare a limite e da stressare nonostante il motore metta in crisi ad ogni apertura.

Del motore possiamo parlarvi con toni altrettanto entusiastici: 180CV a 12.500 g/min, per un valore massimo di coppia di 115Nm a 10.000 g/min. Numeri che parlano da soli, e che vengono impreziositi dall’architettura V4 del motore superquadro (999cc, 78mm x 52,3) con distribuzione 4 valvole DOHC che è lo stato dell’arte. Compatto come un bicilindrico e prestazionale come un motore da corsa. Nella R APRC troviamo dei cornetti d’aspirazione a lunghezza fissa da 48mm, a differenza dela Factory SE che li ha a lunghezza variabile.

Il propulsore, infulcrato in una posizione molto centrale e spostata verso l’alto, favorisce la percezione di compattezza e robustezza dell’insieme, volutamente ricercata per aumentare la centralizzazione delle masse e di conseguenza l’equilibrio generale della moto. I freni sono della Brembo, ovviamente radiali monoblocco all’anteriore, con dischi da 320 millimetri, e singolo disco da 220mm al posteriore. Gli pneumatici hanno dimensioni estremamente sportive: 120/70 R17 all’anteriore e 190/55 R17 dietro. Il peso a secco dichiarato è di 184 kg.

Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista
Aprilia RSV4 R 2010 in pista

Conclusioni

Ho volutamente lasciato il giudizio estetico alle conclusioni. La moto è un modello 2011, ma l’estetica la conosciamo già da due anni; sembra superficiale parlare e descrivere linee che già tutti voi conosceranno a memoria e che avete già giudicato con criterio, ma non è così semplicistico. Una moto bella è una moto che dura, che non stanca allo sguardo e che ogni volta fa girare le teste.

A due anni dalla prima apparizione del trittico di fari davanti e del codino pinnato dietro, possiamo concludere che la RSV4 è vincente anche nell’estetica. Pure essendo abbastanza di rottura e radicale, ha messo d’accordo molti appassionati e gli elementi seppure puramente sportivi sono ricercati nei dettagli. Alla prima occhiata sembrava che i designer si fossero ispirati al pesce a tre occhi dei Simpson ma a lungo andare quello sguardo strano è diventato affascinante, poi normale e poi un simbolo che a due anni di distanza fa la sua porca figura.

Dinamicamente – non mi stancherò mai di ripeterlo – ci troviamo davanti ad una delle moto che rimarranno nella storia. Così come nel 1994 la Ducati 916 ha ridefinito i canoni della moto sportiva, così ha fatto Aprilia con un progetto racing che più racing non si può. Se siete appassionati della guida in pista e avete del denaro sonante da investire in un prodotto al top, non potete che ripiegare su questa (o sulla S1000RR BMW, che però non è così race-ready come la Aprilia), ma se volete una 1000 sportiva che sia guidabile su strada, rimettete il denaro in tasca e recatevi in una concessionaria giapponese. Se ne fate invece una questione di prezzo, i 18.000€ necessari per questa bestia sono di poco superiori alla concorrenza del Sol Levante e in linea con i prezzi delle occidentali. Last but not Least, nel 2012 sarà l’unico modello R in listino, perciò andrà fuori listino (è già stata interrotta la produzione) la versione senza controllo APRC.

Pregi e Difetti

Pregi
– La migliore proposta per la pista
– Tecnologia da gara
– Bella e cattiva

Difetti
– Non sfruttabile su strada
– Facile portare in crisi le gomme
– Impegnativa e per piloti esperti

Scheda tecnica

Motore: Aprilia 4 cilindri a V longitudinale di 65°, 4 tempi, raffreddamento a liquido, distribuzione bialbero a camme (DOHC), quattro valvole per cilindro
Carburante: Benzina Senza Piombo
Alesaggio corsa: 78 x 52.3 mm
Cilindrata: 999.6 cc
Rapporto compressione: 13:1
Potenza massima all’albero: 180 CV (132,4 kW) a 12.500 rpm
Coppia massima all’albero: 115 Nm a 10.000 rpm
Alimentazione: Airbox con prese d’aria dinamiche frontali. 4 corpi farfallati Weber-Marelli da 48 mm con 8 iniettori e gestione Ride-by-Wire di ultima generazione. Multimappa selezionabile dal pilota in marcia: T (Track), S (Sport), R (Road)
Accensione: Elettronica digitale Magneti Marelli integrata nel sistema di gestione motore, con una candela per cilindro, bobine tipo “stick-coil”
Avviamento: Elettrico
Scarico: Schema 4 in 2 in 1, una sonda lambda, mono silenziatore laterale con valvola parzializzatrice comandata dalla centralina gestione motore e catalizzatore trivalente integrato (Euro 3)
Generatore: Volano con magneti alle terre rare da 420 W
Lubrificazione: A carter umido con radiatore olio/aria, doppia pompa olio (lubrificazione e raffreddamento)
Cambio: Estraibile a 6 rapporti 1°: 39/15 (2.6) 2°: 33/16 (2.063) 3°: 34/20 (1.7) 4°: 32/22 (1.455) 5°: 34/26 (1.308) 6°: 33/27 (1.222)
Frizione: Multidisco in bagno d’olio con sistema antisaltellamento meccanico
Trasmissione primaria: A ingranaggi a denti dritti e parastrappi integrato, rapporto di trasmissione: 73/44 (1.659)
Trasmissione secondaria: A catena: Rapporto di trasmissione: 40/16 (2.5) in alternativa 42/16 (2.625)
Telaio: Telaio in alluminio a doppia trave con elementi fusi e stampati in lamiera. Ammortizzatore di sterzo Sachs
Sospensione anteriore: Forcella Showa upside-down, steli Ø 43 mm. Piedini in alluminio per fissaggio pinze radiali. Completamente regolabile in precarico molle, estensione e compressione idraulica. Escursione ruota 120 mm
Sospensione posteriore: Forcellone a doppia capriata in alluminio; tecnologia mista di fusione a basso spessore e lamiera. Mono-ammortizzatore Sachs con piggy-back completamente regolabile in: precarico molla, lunghezza interasse, idraulica in compressione ed estensione. Biellismo progressivo APS. Escursione ruota 130 mm
Freni: Ant: Doppio disco diametro 320 mm flottante con pista frenante in acciaio inox alleggerito e flangia in alluminio con 6 nottolini. Pinze Brembo monoblocco a fissaggio radiale a 4 pistoncini Ø 34 mm contrapposti. Pastiglie sinterizzate. Pompa radiale e tubo freno in treccia metallica Post: Disco diametro 220mm; pinza Brembo a 2 pistoncini isolati Ø 32 mm. Pastiglie sinterizzate. Pompa con serbatoio integrato e tubo in treccia metallica
Cerchi: Ant: In lega d’alluminio a 6 razze sdoppiate 3.5”X17” Post: In lega d’alluminio a 5 razze sdoppiate 6”X17”
Pneumatici: Radiali tubeless. ant: 120/70 ZR 17 post: 190/55 ZR 17 (in alternativa 190/50 ZR 17)
Dimensioni: Lunghezza max: 2040 mm Larghezza max: 735 mm (al manubrio) Altezza max: 1120 mm Altezza min da terra: 130 mm Altezza sella: 845 mm Interasse: 1420 mm Avancorsa: 105 mm Angolo di sterzo: 24.5°
Peso secco: 184 kg *
Serbatoio: 17 litri (4 di riserva)
Altro: *Peso dichiarato a secco, senza batteria e senza liquidi.

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