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Jarno Saarinen fra mito e leggenda

Era laureato in ingegneria meccanica e mandava avanti una azienda di pompe funebri, Jarno Saarinen, finlandese di Turku, classe 1945. Amava le corse su ghiaccio e poi fu preso dalla passione della velocità e dal motomondiale che gli permetteva, da pilota, di girare il mondo. Ma voleva diventare “vecchio” in fretta, per progettare motori da

Era laureato in ingegneria meccanica e mandava avanti una azienda di pompe funebri, Jarno Saarinen, finlandese di Turku, classe 1945. Amava le corse su ghiaccio e poi fu preso dalla passione della velocità e dal motomondiale che gli permetteva, da pilota, di girare il mondo. Ma voleva diventare “vecchio” in fretta, per progettare motori da corsa.

Il destino ha voluto diversamente, tarpandogli le ali e la vita nel maledetto curvone di Monza il 20 maggio 1973. Jarno fu indubbiamente un pilota inconfondibile, unico nella messa a punto, temerario in corsa, un fuoriclasse. Ma solo una meteora, una luminosissima e straordinaria meteora che resterà immortale nel firmamento del motociclismo.

Non raccolse quanto avrebbe meritato perché non ne ebbe il tempo. Biondo e agile come un gatto, Jarno rimase sempre un ragazzo alla mano, disponibile, aperto, col sorriso. Era il tipico corridore del Continental Circus, zingaro della moto. Furgone (con branda incorporata per la notte), poi in roulotte, due Yamaha bicilindriche 250 e 350 2 T private, la bellissima biondissima dolcissima moglie Soili in qualità di manager, meccanico, cronometrista, cuoca.

Era lei che alla partenza gli teneva l’ombrello quando pioveva. Era lei che gli reggeva la moto quando Jarno cambiava le due candele. Era lei che saliva con il marito sul podio. “Senza Soli – ripeteva Jarno – sarei come Sansone senza capelli”. Arrivò così, povero in canna, nel “mondiale” del 1969, debuttando con un quarto posto al Salzburgring (52 corridori al via!) nella quarto di litro. Come non notarlo?

Antesignano per lo stile di guida “tutto avanti, tutto dentro, gambe aperte nei curvoni, manubrio inclinatissimo”, per come lasciava scivolare e svirgolare la moto, per l’irruenza al di là di ogni regola. Inventava il sorpasso, il percorso, l’attacco decisivo.

Se il punto di riferimento è Giacomo Agostini, Saarinen incontrò “tardi” il pilota italiano, nel 1971.

Quell’anno il finlandese della Yamaha factory battè il campionissimo della MV Agusta solo a Brno e a Monza, arrivando tre volte secondo e due volte terzo e vincendo anche la 250 a Jarama. Nel 1972 la musica cambia, con Jarno cinque volte sul gradino più alto del podio (Nurburgring 350, Clermont Ferrant 350, Brno 350, e la mitica tripletta a Pesaro Villa Fastiggi 350 e 500 con la nuova Benelli 4 cilindri 4 T e 250 Yamaha), tre volte secondo (Assen 350, Anderstorp 350), tre volte terzo (Modena 350, Imola 350, Imatra 350), una volta quarto (Salzburgring 350), due ritiri (Abbazia e Sachsenring).

Poi subito l’epilogo assassino, nel 1973, con Jarno dominatore con cinque vittorie consecutive (Modena 350, Le Castellet 500, Salzburgring 500 e soprattutto al Nurburgring dove piegò Ago dopo una straordinaria rimonta ), oltre i due ritiri quando stava comandando la 500 a Imola e a Hockenheim.

Prima del tragico rogo di Monza stava dominando nelle classi 250 e 500 pregustando oramai la conquista dei due nuovi titoli iridati.

Sembra davvero ieri. E sono invece passati 36 anni da quel 20 maggio 1973, data fra le più tristi e tragiche della storia del motociclismo. Così scrivemmo per un precedente Amarcord.

“Alle 15,31 di una afosa giornata primaverile sull’autodromo di Monza scende la cappa della tragedia e una grande festa si trasforma in una terribile catastrofe. In un sol colpo, in un attimo, causa una spaventosa caduta dopo la partenza, alla “curva grande”, il motociclismo precipita nel dramma, perdendo Renzo Pasolini (35 anni) e Jarno Saarinen (28 anni), due fra i piloti più forti e amati di tutti i tempi. Renzo, l’antidivo dal sorriso mesto sotto gli occhialoni da tartaruga e Jarno, funambolo sul ghiaccio, l’” ingegnere”, il più forte pilota degli anni ’70, se ne andavano così. Per amore di quel motociclismo che divorava i suoi figli migliori. Per l’insipienza e l’arroganza di chi quello sport dirigeva”.

Definire Jarno Saarinen “leggenda” del motociclismo è semplicemente verità.

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