Home Cassazione: incidente in moto andando al lavoro? Niente indennizzo

Cassazione: incidente in moto andando al lavoro? Niente indennizzo

Nuova sentenza della Corte Suprema di Cassazione secondo la quale il dipendente che può recarsi al lavoro a piedi o con mezzi pubblici non ha diritto a indennizzo in caso di incidente stradale con il proprio veicolo privato.

L’ASAPS segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione che stabilisce un principio di sicuro interesse per i pendolari delle due (ma anche delle quattro) ruote. In pratica, rigettando il ricorso di un lavoratore di Castellammare di Stabia, il supremo organo giurisdizionale italiano ha stabilito che se un dipendente ha la possibilità di recarsi sul posto di lavoro a piedi o tramite mezzi pubblici, in caso di incidente stradale sul tragitto con il proprio veicolo non ha diritto a nessun tipo di risarcimento o indennizzo.

I fatti risalgono al Settembre 1997 (quindi più di 15 anni fa….), quando il lavoratore in questione si stava recando sul luogo di lavoro a bordo della propria motocicletta ed era stato investito da un’automobile che aveva cambiato bruscamente senso di marcia, riportando tra l’altro gravi lesioni alle gambe. L’uomo aveva quindi chiamato in giudizio l’Inail per una ‘rendita da infortunio in itinere‘, dato che l’incidente era avvenuto nei 2 km di tragitto che separano la sua abitazione dal suo posto di lavoro.

Nella causa successiva al sinistro, il lavoratore aveva affermato la propria necessità di utilizzare un mezzo privato per raggiungere il posto di lavoro entro le 7:00 – orario di inizio del turno – perché la prima corsa dell’autobus di linea era prevista per le 7:20. Tuttavia, dopo che nel 2005 il Tribunale di Torre Annunziata aveva rigettato l’impugnazione nei confronti dell’Inail e la Corte d’Appello di Napoli aveva confermato il verdetto nel 2009, la Cassazione due giorni fa ha dato definitivamente torto al lavoratore.

Nel 2009 la Corte d’Appello aveva ritenuto che la scelta dell’uomo di utilizzare un veicolo privato per recarsi al lavoro non fosse necessaria, mentre il ricorrente sosteneva che il ‘rischio elettivo’ (cioè il rischio causato dalla scelta di usare la propria moto e non altre soluzioni) avrebbe dovuto essere valutato secondo il ‘criterio della ragionevolezza’: percorrere 2 km a piedi infatti avrebbe costretto l’uomo ad alzarsi molto prima, causando un ulteriore affaticamento che avrebbe inevitabilmente avuto delle conseguenze negative sulla sua attività lavorativa.

Con la sentenza n.6725 del 18 Marzo, la Cassazione ha rigettato l’ulteriore ricorso dell’uomo – che aveva impugnato il verdetto della Corte d’Appello per un ‘vizio di motivazione’ – sostenendo che, nel caso specifico, ‘il tragitto era percorribile a piedi ovvero utilizzando un mezzo di trasporto pubblico’, e ritenendo questo elemento sufficiente per configurare il già citato ‘rischio elettivo’ e quindi rigettare il ricorso del lavoratore.

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